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Cosa ci insegnano i monaci?

 

L’esortazione del salmista

“Adiratevi e non peccate.

Di ciò che dite nei vostri cuori

sui vostri giacigli abbiate compunzione” (Salmo 4,4 LXX).

In questo bellissimo versetto, sta disegnato l’intero senso dell’universo monastico ed insieme il tesoro che esso ci consegna.

Ma di cosa si tratta? Per poterne parlare efficacemente bisogna prima di tutto descrivere bene le reali differenze che esistono tra ambiente monastico ed ambiente laico.

 

La reale differenza tra due mondi

Si usano questi termini perché non sempre si riesce a cogliere davvero il nocciolo della vita dei monaci. Un certo inganno viene prodotto dal fatto che i monaci fanno dei voti che i laici non pronunciano. Voti di castità, povertà ed obbedienza. Questo a volte sembra creare un vero e proprio spartiacque. Tuttavia, almeno alcuni aspetti di questi voti andrebbero ridimensionati. L’obbedienza, a ben vedere, è cosa anche dei laici. Basta guardare le occhiaie di quelle mamme che obbediscono ai loro bambini che le svegliano tre o quattro volte per notte. Chiunque poi, abbia fatto un pellegrinaggio all’Athos ha ben visto che almeno alcuni monaci vivono in ambienti gradevoli. In certi casi in deliziose villette con vista sul mare. Altri possono usufruire di ambienti comuni ampi e panoramici. Tutto ciò stride con la vera povertà, quella di famiglie che vivono in una stanza nelle periferie delle città, dove si torna la sera stanchi, dopo ore di duro lavoro. Eppure hanno ragione loro. I monaci. Perché la grande differenza in realtà, la fa la stabilità. Intesa come la perpetua permanenza in monastero, senza uscirne se non per motivi di salute o di apostolato. In tal caso pare un giusto meccanismo di compenso psico-fisico, prevedere di vivere in locali ampi e gradevoli. E si tocca così il punto centrale: il segreto del monaco sta in quella chiusura al mondo esterno, che sollecita ed approfondisce una speciale attenzione al modo interno. Questo il grande dono che, innanzitutto, i monasteri possono trasmetterci: l’esperienza approfondita dei nostri pensieri. È interessante ed anche un po’ comico, osservare come taluni si scandalizzino per una certa “chiusura mentale”, che a volte certi monaci sembrano manifestare.  Ma è normale! È assolutamente scontato, che su certi argomenti le conoscenze monastiche risultino libresche. Poco toccate da una realtà dei fatti, che talora si presenta molto diversa dalla teoria. Certo! Deve essere così, altrimenti avremmo dei monaci girandoloni, non molto diversi da qualche parroco. Ma attenzione! Chi tende con facilità a giudicare, fa qui subito uno scivolone e corre il rischio di perdere il tesoro, abbandonandosi a facili critiche, ed allontanandosi dalla realtà.  Se invece ci nutriamo della pazienza della comprensione, ecco che arriviamo a ciò che veramente conta. Il mondo laico, la società degli uomini, offre innumerevoli stimoli ed affanni, che attraggono inesorabilmente la nostra mente verso l’esteriorità. Verso l’esterno. Il monaco invece si rende immune da questa attrazione magnetica, e grazie alla stabilità, sa volgere il proprio sguardo verso il mondo interiore, fonte di ogni pensiero. Ed impara a discernere.

 

Pensieri e passioni

I padri del deserto identificavano le passioni con i pensieri. Ecco che Evagrio Monaco parlava degli “otto pensieri”. Osservando infatti il libero fluire della mente, si erano accorti, fin dai primi secoli del cristianesimo, che i nostri desideri anomali producono altrettanto anomali pensieri. Non solo. Ma questi pensieri sembrano talvolta essere intrusivi. Non prodotti da noi. Si infilano indisturbati nella nostra interiorità, agganciandosi spesso ad una immagine. Sono le Tentazioni, frutto dell’attitudine recettiva della nostra mente. Diceva Padre Paissios: l’uomo è una ricetrasmittente. Aveva ragione. Il monaco insegna dunque prima di tutto al laico, che le tentazioni non si presentano soltanto come “occasioni”. Per esempio, scorgendo la copertina di una rivista pornografica, mentre all’edicola compriamo un giornale. Esse infatti si presentano spesso in modo intrusivo, nel bel mezzo del nostro comune e semplice pensare. Le possiamo anche riconoscere dal fatto che, quando si attaccano ad un’immagine (per esempio quella di una persona che ci ha offeso, suggerendo la vendetta), è molto difficile scrollarsele di dosso. Solo una intensa e fervida preghiera riesce a neutralizzarle, scollando il pensiero malevolo dall’immagine. Di conseguenza il monachesimo insegna al mondo cristiano, ad essere sempre in trincea. Insegna che un po’ tutti siamo soldati, e che il combattimento rappresenta una parte importante del cammino spirituale.

 

I pensieri angelici e spirituali

Ma accanto a questo genere di pensieri ci sono, per i monaci, quelli positivi. Il soccorso ci viene prestato dagli Angeli, non solo in occasioni legate alla tentazione, ma anche quando ricorrono circostanze particolari, per esempio quelle pericolose. Ci sono mamme che hanno raccontato di aver salvato il proprio bambino, obbedendo ad una voce interna che ordinava di spostarlo. Giusto in temo per schivare la caduta di una robusta persiana. Lo Spirito Santo poi, suggerisce nell’intimo modi, luoghi e motivi di preghiera. Insomma, tutto ciò che è assistenza passa ancora una volta attraverso il pensiero. Semplicemente il laico preso dalle circostanze del mondo, spesso non se ne accorge. Non sa ascoltare i sussurri che lo vorrebbero aiutare. Dunque occorre che i monaci sappiano, con garbo, indicare l’esistenza della realtà interiore. Rendere il laico cosciente delle vaste praterie del pensiero e della loro importanza.

 

Un vero teologo: San Taddeo di Serbia

San Taddeo di Serbia è un santo ortodosso contemporaneo che ha fatto di tutto ciò la sua missione. Ma ha aggiunto qualcosa in più: il pensiero cambia la realtà esteriore. La sua teologia è molto semplice e chiara: è lo Spirito che domina la materia e non viceversa. Così come l’anima domina il corpo, così è il pensiero che trasforma la realtà che ci circonda e non viceversa. La preghiera, la supplica, ne è la dimostrazione evidente. San Taddeo predica una sapienza molto semplice: un pensiero sincero che guarda a Dio, arriva fino alle estremità del cosmo. Dio ascolta e trasforma. Non sono le circostanze esterne a renderci infelici, ma la spazzatura dei nostri pensieri. Sono semmai questi, quando sono pieni di amarezza e risentimento, che ci inducono ad auto-crearci circostanze distruttive. Trasformare i nostri pensieri, purificando il nostro cuore, ci rende ben accetti al Signore, il quale volentieri ci esaudisce. Chi guarda alla bellezza che lo circonda, trasmette serenità e pace.  Chi rimugina continuamente trasmette solo ansia.  Ecco perché il combattimento interiore contro le suggestioni del Maligno, ha un valore assoluto e reale. Esso si svolge là dove il mondo materiale attinge alle sue fonti. Guardare continuamente a Dio, vivere nella vita di tutti i giorni il miracolo della Sua Presenza. Questo! Questo davvero cambia in meglio il mondo, rendendolo più trasparente alle energie divine!

 

Conclusione

Dunque l’esperienza monastica ci insegna che la preghiera del cuore non è un “optional”. Non è una lontana possibilità per “professionisti di Dio”. Essa è invece la nostra guarigione. La preghiera del cuore ci viene suggerita come strumento che abbiamo tutti per cambiare la nostra vita ed insieme, anche il mondo che ci circonda.

 

 

Esistono su YouTube alcuni video di San Taddeo, in serbo, con sottotitoli in italiano, che qui purtroppo non possiamo proporre. Consigliamo di cercarli.

Per chi sa l’inglese, proponiamo un’esposizione della sua spiritualità proprio sul pensiero

https://www.youtube.com/watch?v=kOP10dge96M&t=188s