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Una necessità ineludibile

Chi ha sentito la vocazione a dare tutto al Signore, prima o poi ha cominciato a domandarsi: cosa faccio? Come si fa?

Certo, non è difficile pensare ad una certa cura nel proprio rapporto personale con Dio, dandosi almeno un’ora al giorno di preghiera e meditazione della scrittura. Poi molti giustamente pensano alla formazione: bibbia, pensiero dei padri, teologia etc. Infine molti ancora si orientano verso il volontariato, con interventi nelle carceri, tra gli immigrati etc. Tutto questo viene tradizionalmente completato dalla liturgia e dai sacramenti che anzi, ne rappresentano la sorgente ed il motore. Tutte cose belle. Tutte cose che maturano ed in un certo senso, contribuiscono alla nostra crescita. Eppure…..eppure manca a tutto ciò qualche cosa. I più sensibili rimangono in parte insoddisfatti. Ma….già è difficile fare tutto questo…..cosa si pretende? Già è tanto pregare, andare a messa, fare opere di carità….eppure ….eppure manca qualcosa. Ma cosa?

 

Farsi migliorare dallo Spirito

La ricerca e la lettura, fatta talvolta con gusto, dei detti padri del deserto, dell’imitazione di Cristo, di testi vari, non di rado medioevali e tradizionali, tradisce una sete.  Una sete di spiritualità, che tradotto vuol dire: cercare il proprio perfezionamento nello Spirito. È, a pensarci bene, una necessità ineludibile. La stessa fede, la fede biblica, quella di Abramo e di Mosè, si basa su due elementi cardine:

1– Il rapporto, il dialogo con un Dio vivo che parla e risponde

2 – Il viaggio

Questo secondo elemento è presente, oltre che in Abramo ed in Mosè, anche in molti altri personaggi biblici, come Giona e Giosuè. I Padri della Chiesa hanno presto individuato nel viaggio proprio la metafora del cambiamento e della trasformazione. Vedi per esempio Gregorio di Nissa che, in parte con questa impostazione, ha scritto una bellissima opera intitolata “Vita di Mosè”. Si tratta alla fine di un “viaggio immobile”, cioè di un viaggio interiore. Un viaggio verso noi stessi. Verso ciò che più di tutti ci regala l’umiltà, quella vera: la conoscenza di sé. Conoscere sé stessi ed imparare a superarsi con l’aiuto dello Spirito. Smussare ed alla fine cambiare quegli angoli del nostro temperamento che tendono a farci cadere, quando non ad offendere gli altri. È l’ascèsi che i santi monaci di tutti i tempi hanno cercato di vivere nelle grotte, nel deserto, in cima ad una montagna, da soli od in monastero. Ecco perché i loro racconti ci attirano, ci ispirano, ci insegnano, ci rallegrano. In qualche modo ci affascinano. Ma in fondo…..quanto sono lontani. Noi viviamo tra gli uomini, in una casa, con un lavoro, con una famiglia. Il deserto rischia di diventare un sogno. Una mera fantasia religiosa. Noi lo sappiamo bene. Non potremo mai fare come Antonio. Né il Signore ci chiama a vivere in cima ad una colonna, come San Simeone lo stilita. E allora? Come fare? Come saziare il giusto desiderio di perfezionamento, di interiorità, di realizzazione spirituale?

 

Conoscere le passioni dell’anima

Se consultiamo un testo ascetico tradizionale, come “La scala del Paradiso” di San Giovanni Climaco, troviamo alcuni capitoli dedicati alla conoscenza delle passioni. Stessa cosa se affrontiamo le conferenze spirituali di Cassiano. L’esigenza di conoscere noi stessi passa senz’altro, come raccomandano i santi Padri, prima di tutto dalla conoscenza delle passioni e poi dalla individuazione, tra queste, di quelle in noi dominanti. Quelle cioè che caratterizzano il nostro temperamento. Ma i testi venerabili dei Padri tendono a mancare di qualcosa. Per rendersene conto bisogna avere il coraggio di essere quei nani che saltano sulle spalle dei giganti. E come? Ma è semplice. Guardando la realtà. Prendiamo per esempio il vizio della gola. I Padri giustamente si limitavano al desiderio di cibo ed alle varianti della sua anomalia. Ma oggi esiste una serie infinita di altri stimoli piacevoli, che il goloso generalmente non si lascia sfuggire: musica facilmente riprodotta, film, video, libri, radio, televisione, smartphone, social, computer. E questo è solo un piccolo scampolo. Se 1500 anni fa un goloso cercava il piacere nel cibo, oggi si trova a scegliere tra mille possibili stimoli eccitanti e divertenti. Molta parte del piacere oggi è di tipo mentale, e non più solo fisico, legato cioè meramente ai sensi. Molte riflessioni monastiche antiche e medioevali, volte “all’abbandono del mondo sensibile a favore di quello cosiddetto intellegibile o spirituale”, sembrano non fotografare la realtà. Sembrano mancare nella individuazione di buona parte del problema della modernità: l’aggiunta al piacere procurato dagli stimoli sensibili tradizionali (cibo, sesso etc.), pur presenti in abbondanza, anche del piacere procurato da stimoli che pur passando da vista ed udito, generano piacere da una elaborazione mentale. Potremmo chiamare questo piacere “piacere mentale”, pur sapendo che dipende comunque da vista e udito. Il piacere mentale è frutto di una elaborazione, come nel caso della musica, quando, per esempio, riconosciamo un motivo orecchiabile e lo canticchiamo. Così i film ci piacciono se la storia narrata ci avvince, e non soltanto per le immagini in sé. Oppure sono le stesse condizioni di vita cambiate che evidenziano certi aspetti meno esplorati in passato. Per esempio la maggiore presenza di vita sociale, causata da una costante migrazione verso le città, mette più in evidenza di quanto si notasse prima, che l’avaro non è soltanto trattenuto nello spendere soldi, ma anche nel dare amicizia. Ma anche nel partecipare alle gioie ed ai dolori degli altri. In poche parole: l’uomo, nei suoi caratteri fondamentali è rimasto lo stesso, ma la società è cambiata.

 

In che modo affrontare le passioni?

Lo capiamo guardando alla Bibbia, ancora una volta. Adamo ed Eva, prima della trasgressione, avevano confidenza con Dio. Ci parlavano. La parte superiore del loro cuore, quella che i Padri chiamavano Nous, era libera da intralci, immacolata, e poteva godere della percezione spirituale della presenza di Dio. Con la caduta, con il peccato ancestrale, il cuore dell’uomo si chiuse e non poté più avvertire la Divina presenza. L’uomo divenne spiritualmente cieco, perché la punta sensibile del suo spirito, si era oscurata. L’anima, nelle sue tre parti, andò incontro ad una condizione innaturale, che i teologi hanno chiamato “peccato ancestrale”. L’anima “concupiscibile”, cioè quella deputata al desiderio di Dio e del Bene, si trovò senza il suo fine, senza ciò che per natura avrebbe dovuto desiderare. Perché? Perché non lo vedeva più. L’occhio dell’anima, il nous, la punta dello spirito umano, era diventata cieca. Il cuore divenne solo, e si rivolse allora all’uomo. Che cominciò ad amare sé stesso. Era la Philautia, cioè l’amore distorto ed innaturale per sé stessi. Il desiderio, invece di rivolgersi, come da natura, a Dio, si cominciò a rivolgere verso il cibo, generando il vizio della gola, verso la sessualità, generando la lussuria, e quando questi ed altri beni apparivano negati, ecco la tristezza invadere in modo eccessivo la vita dell’uomo. Passioni dunque in sé buone se orientate verso Dio. Compreso la tristezza, che dovrebbe comparire quando ci allontaniamo da Dio, non quando non possiamo fare una abbuffata. Queste le tre passioni distorte dell’anima desiderante. La seconda parte dell’anima, cosiddetta irascibile, ovvero quella parte di noi che ha il compito di allontanare il male per favorire l’orientamento al bene, divenne fuori controllo. Invece di combattere ciò che allontana da Dio, si mise a combattere contro tutti quelli che ostacolavano la ricerca del piacere fine a sé stesso. Quindi ecco la collera, la paura irrazionale, l’avarizia. Litigare contro chi ci si oppone, temere catastrofi senza ragione, accumulare soldi per il timore irrazionale di rimanerne senza. Questi i frutti della distorsione di una potenza dell’anima in sé buona e utile, ma indirizzata male a causa della cecità spirituale. Infine fu colpita anche la terza parte dell’anima: l’intelletto. Originariamente deputato a governare le prime due parti, il desiderio e l’ira, si rivolse a servire innaturalmente i vizi dell’uomo. Nacque la superbia, l’orgoglio, la vanagloria o vanità e l’accidia (o pigrizia spirituale). I Padri descrissero dieci passioni, chi mettendone a fuoco 8, chi 7, chi sdoppiando la gola in follia del ventre o desiderio di pancia piena e follia della lingua o desiderio di sapori eccellenti. Insomma tutto ciò che nella nostra anima ci guida a scelte sbagliate ed egoistiche. Da qui dunque dobbiamo partire per imitare il viaggio interiore di Abramo e di Mosè, alla ricerca della nostra vera vocazione e del nostro vero progetto divino. E cioè da questo punto fondamentale: non si tratta di eliminare le passioni, ma di riorientarle, di distoglierle dall’obbiettivo sbagliato (noi stessi) per reindirizzarle verso il loro obiettivo naturale, cioè Dio.

 

Il punto di inizio: mettere a fuoco il proprio temperamento

 Già i Padri si erano resi conto che le passioni trasformano il nostro pensiero. Quando una o due passioni diventano dominanti in una persona (cosa molto frequente), si genera allora un modello di comportamento che si ripete in tutte le situazioni.  La passione condiziona così il nostro modo di vivere e di gestire ciò che ci capita nella vita quotidiana. Si parla allora di temperamento. Si tratta quindi di proseguire lungo l’insegnamento dei santi Padri, cercando di svilupparlo, di “montare sulle loro spalle”. Questo il primo passo.  Definire i temperamenti più importanti e identificare il nostro. Questo il primo passo indispensabile per conoscersi e porre mano alla ascèsi. Alla nostra collaborazione con l’attività trasformante dello Spirito. Oggi anche la psichiatria ha chiarito che gli uomini tendono ad avere più spesso certe emozioni invece di altre. Ed ha trovato che ciascuno reagisce alla emozione che prova più spesso, adattando il proprio comportamento ed il proprio stile di pensiero, in modo da attutirne le conseguenze dolorose. Tradotto significa: l’uomo adatta la propria vita alla propria passione (o passioni) dominante. Tutto ciò non è ancora personalità. Lo ripetiamo e lo sottolineiamo: è il temperamento. Qualcosa di molto più semplice della personalità, e talvolta a carattere ereditario. Studiando il temperamento ci sentiamo autorizzati ad essere un po’ schematici, perché ovviamente esso non si riferisce al complesso della persona, ma soltanto a certe specifiche tendenze. A certi specifici modi di pensare ed agire. La psichiatria moderna definisce invece personalità, l’insieme di temperamento e carattere, dove quest’ultimo corrisponde a ciò che all’individuo viene trasmesso dall’educazione dei genitori, dal clima familiare, dalla scuola, dalla cultura del gruppo sociale di appartenenza etc. Dunque una condizione assai complessa che giustifica la grandissima variabilità che esiste tra le persone, ed il carattere individuale di ogni esistenza.

 

Gli strumenti di lavoro

Proponiamo sul tema descritto fino ad ora un percorso in quattro tappe o parti;

1 – Questa parte, da considerarsi introduttiva

2 – Una seconda parte, in cui verranno proposti due strumenti da stampare e compilare, volti a facilitare la conoscenza della o delle proprie passioni dominanti (possiamo anche dire: volto alla conoscenza del proprio temperamento). Si tratta di un questionario e di una intervista/questionario, quest’ultima dal tono più colloquiale. Il primo dotato di dieci schede, una per ogni passione, contenente undici domande. La seconda contenente lo stesso dieci schede ma con tredici domande. Dunque un totale di 24 domande per ciascuna passione, per un totale di 240 domande. Data la lunghezza di questi strumenti di lavoro è bene prendersela comoda, completando i quesiti un po’ al giorno, riflettendo bene sulle risposte, magari facendoci aiutare da chi vive vicino a noi. Ecco perché è opportuno stampare e leggere poi con calma.

 

Come abbiamo composto questi strumenti?

Siamo partiti dalla ottima sintesi del pensiero di tutti o buona parte dei Padri della Chiesa, operata da Jean-Claude Larchet, nel testo fondamentale:

“Terapia delle malattie spirituali”, Edizioni San Paolo

Abbiamo poi arricchito queste conoscenze con le quelle fornite da uno Psichiatra: Claudio Naranjo, nel testo:

“Carattere e Nevrosi”, Casa Editrice Astrolabio

Un volume sull’effetto delle passioni sul pensiero, contenente molti spunti originali ed interessanti la cui esattezza è stata verificata da chi scrive, sul campo. Il limite di questa opera, però è quello di fare riferimento al cosiddetto “Enneagramma”, un sistema di comprensione del temperamento contenente i seguenti limiti:

1 – Mette insieme collera ed orgoglio, per cui propone 9 profili anziché 10. In generale sembra tenere poco conto della sapienza dei padri.

2 – Naranjo parla di “personalità”, e non di temperamento, come sarebbe invece corretto dire. Lo possiamo scusare perché la sua psichiatria è quella di 40-50 anni fa. Ma il risultato è stato il rigetto da parte di molti che giustamente contestano l’eccessiva schematizzazione delle esistenze individuali. Schematizzazione continuata ed addirittura ampliata nei molti successori, che hanno finito per ridurre i profili descritti da Naranjo a macchiette. È andata a finire che uno strumento finalizzato alla ricerca spirituale, è stato usato per selezionare il personale delle aziende, vendere merci e fare business. Giusto prenderne le distanze, ma trattenendone il valore, come ci raccomanda San Paolo: gli interessanti effetti sul pensiero, causati dalle passioni.

Questa problematica è stata vagliata e confrontata con la pratica clinica per circa 14 anni, corroborata da docenze a corsi di formazione a specialisti del settore, da comunicazioni a congressi nazionali e da svariate pubblicazioni scientifiche apparse su riviste internazionali, realizzate in collaborazione con il massimo esperto di temperamento oggi esistente: Claude Robert Cloninger (vedi bibliografia).  Queste esperienze, tuttavia, non devono far pensare ad una proposta di test “psicologici” volti a scoprire chissà quale patologia. Il materiale che proponiamo ora, è stato prodotto al termine di questa lunga esperienza, e non riguarda malattie di sorta. Stiamo parlando solo e soltanto di passioni dell’anima, a partire dalla loro descrizione, così come trasmessaci dai Padri della Chiesa. Semplicemente si è messa al servizio della ricerca spirituale di tutti, una lunga esperienza tecnica maturata sul campo. Cosa che ha evitato di compiere errori fatali, come confondere le passioni con la personalità.

3 – Sarà presto pubblicata una terza parte, in cui si offrirà una descrizione ragionata delle passioni e dei loro effetti sul pensiero, passione per passione. Questo potrà servire da verifica, una volta ottenuto il risultato dei questionari. Il confronto sarà utile specialmente in quei casi in cui risultano alti i punteggi in più passioni, cosa che può confondere le idee. Un primo sforzo per evitare questi risultati confusivi è stato realizzato, proponendo un numero discretamente esteso di domande: 24 per ogni passione. Le ripetizioni che troverete sono volute ed intese ad ottenere un risultato più chiaro. La diversità dell’impostazione sintattica (cioè meno colloquiale il questionario, e più diretta l’intervista) è finalizzata allo stesso scopo.

Dunque lo ripetiamo. Non si tratta di test psicologici ma di domande che aiutano a capire quali sono le nostre tendenze passionali prevalenti.

4 – Infine sarà pubblicata una quarta parte dedicata alla “Terapia Spirituale”, cioè alla collaborazione che possiamo offrire all’azione dello Spirito Santo, per favorire il corso della nostra trasformazione e del nostro perfezionamento.

Tutte queste parti si troveranno in

www.adoratori.com  alla sezione : FONDAMENTI PRATICI 2  ed alla sottosezione “L’Ascèsi”.

 

LETTURE CONSIGLIATE

Per approfondire il tema del temperamento consigliamo di leggere:

  1. Robert Cloninger, “Sentirsi Bene, la scienza del benessere”, CIC Edizioni Internazionali, reperibile su Amazon.it. Titolo commerciale per un grande testo di psichiatria del temperamento, scritto da uno dei maggiori psichiatri del nostro tempo.