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In questa sezione si comincia a passare dalla preghiera recitata vocalmente, sia pure bisbigliando, alla preghiera mentale. Inoltre si approfondisce la nozione di Cuore e di Preghiera del Cuore.

Vediamo un po’ come si potrebbe snodare il percorso della Preghiera, senza rigidità. Tenendo quindi conto che l’ordine in cui vengono presentate queste tappe può cambiare e sovrapporsi, in base alle vicende personali di ognuno.

Possiamo proporre:

  • Si comincia a portare la mente sul cuore. In due modi. O questo passaggio avviene spontaneamente, quando, dopo aver recitato per un periodo la Preghiera di Gesù, si avverte un “calore”, nella regione del petto. Oppure ci si abitua a concentrarsi con la mente nella regione del cuore. In entrambi i casi il cosiddetto “calore”, altro non è, lo ripetiamo, che un sincero sentimento di “Amore verso Dio”. La traduzione migliore sarebbe “Fervore” e non calore.  Se non è questo, infatti, è un calore spurio, “fisico” di scarsa utilità. Dunque il fervore, l’Amore per Dio, si fa sentire nel Cuore e noi ce ne “accorgiamo”, e portiamo la nostra concentrazione su di esso. Dapprima si tratta di un movimento esterno: la “testa” si “mette” sul cuore, cioè fa attenzione al cuore. Nello sviluppo successivo non ce ne sarà bisogno perché succederà che “il cuore avrà la preminenza, come dire, dirigerà le danze, avrà lui stesso l’iniziativa. Entrerà nelle decisioni senza bisogno di chiederglielo. Insomma il cuore sarà il centro attivo dell’anima.
  • Il respiro ci “ricorda” la Preghiera e impariamo a recitarla mentalmente.

Questo è un passo importante. Permette la pratica della preghiera durante il lavoro in pubblico o durante le conversazioni. Essa infatti è fondamentale per il laico. Permette infatti di trasformare il lavoro in liturgia e di offrirlo al Signore. Del resto, è bene sottolinearlo con forza, IL LAVORO DI PER SE NON E’ PREGHIERA. Altrimenti Stakhanov si sarebbe fatto santo. Va unito assolutamente alla preghiera, sia pure semplice, sia pure breve, sia pure abbozzata, sia pure saltuaria, sia pure con larghi intervalli. Che direste di una liturgia senza preghiere e senza parte vocale. Una liturgia di soli movimenti sarebbe davvero una Liturgia? O perderebbe senso? La risposta è facile

  • La preghiera mentale è presente non solo durante il lavoro manuale ma anche durante quello intellettuale e durante le comuni conversazioni.

Ci vuole un certo tempo ma se insistiamo con perseveranza ci si arriva. Per il laico è semplicemente fondamentale. Vanno descritte più strade per arrivarci.

  1. a) una strada è quella della Preghiera di Gesù mentale, che viene ripetuta all’inizio o ed alla fine del lavoro. Insistendo possiamo capire, che anche durante il lavoro possiamo usare la Preghiera come un intercalare. La si dice mentalmente ogni tanto, sempre legando mente e respiro. Così facendo il respiro stesso ci ricorderà di pregare durante l’attività intellettuale, o durante la conversazione, o la lezione che stiamo tenendo. Perseverando, questa strada converge con l’altra, cioè quella che segue
  2. b) l’altra strada sfrutta l’attenzione sul cuore. Perseverando nel portare la mente sul Cuore, piano piano ci accorgiamo che esso guadagna una certa “autonomia”. Il cuore comincia a “gemere” spontaneamente verso il Signore, senza usare parole, non di rado accordandosi ancora al respiro.  Questo avverrà anche durante le attività intellettuali e nelle conversazioni, con maggiore o minore regolarità, in rapporto ai progressi raggiunti.
  • La Preghiera non impegna più tanto la “testa”, ma il cuore.

Il punto precedente ha introdotto questa fase. Ma non saremmo chiari se non provassimo a descrivere il fenomeno come una sorta di “scissione”. Infatti con la testa possiamo operare e conversare mentre il Cuore prega. Ma come si può arrivare a questa benedetta dualità? Cerchiamo di raccontare meglio, anche se non è facile. Gioca molto a favore l’umiltà. Infatti, soprattutto chi ha una attività intellettuale vivace ed un fluire dei pensieri rapido, tende ad essere sopraffatto dalle distrazioni. La mente vaga in queste persone in modo inafferrabile, per cui l’unica soluzione è gettare la spugna. Il trucco consiste nel lasciar fluire i pensieri, mantenendosi in preghiera con il corpo, ed appunto con il cuore. Quest’ultimo risulterà impegnato come per slanci, come per effusioni intermittenti. Ma si scalderà nel tempo e prenderà sempre più spazio. Un bel giorno ci si accorge che “fa per conto suo”.  Ed ecco realizzata la scissione, che poi non è una scissione, ma in realtà un portare gradualmente il centro del proprio essere nel Cuore, dandogli sempre più spazio e forza. La mente sembrerà separata ma non lo è.  La si usa ed anche spesso, quando serve: lavoro etc. Sembra una separazione perché la “Testa” non la fa più da padrona. Tutto qui. Non aspettiamoci comunque che questa sia una condizione continua. Almeno all’inizio. Inoltre, lo ripetiamo ancora perché è importante, tutte le tappe descritte, come questa, sono da interpretare su misura della singola persona. Esse possono ampiamente variare, invertirsi, sovrapporsi.

  • Compare in parallelo alle ultime tappe descritte, la necessità di stare in silenzio. 

 Un silenzio pieno, non imbarazzato. Si sta in silenzio perché la Fede nella Presenza di Dio, diventa più forte, e rende inutili le parole. Attenzione! Si deve arrivare al silenzio come una necessità. Non si sta in silenzio perché ci hanno detto che ci si deve stare. Deve essere, nella autenticità, una esigenza spontanea. Purtuttavia, il silenzio come necessità, può comparire in certe persone fin dalle prime fasi.

 In questa fase la stessa Preghiera di Gesù può essere spogliata dalle parole e divenire un GEMITO. Un gemito amoroso verso il Signore.

  • In qualche testo si trova che il “Cuore” comincerebbe, ad un certo punto, a ripetere automaticamente la Preghiera. Può darsi. Senz’altro sarà vero. Tuttavia ci sembra che le attività interiori, profonde, quelle davvero legate al Cuore, non usino Parole. Il Cuore probabilmente non vocalizza. Forse si intende Cuore come qualcosa di genericamente intimo, mentale. E questo è verissimo, perché chi pratica la Preghiera di Gesù, scopre spesso che essa sgorga dal respiro o dal cuore, spontaneamente, nei momenti più impensati. Il “Gemito” a cui qui si fa riferimento, però, è qualcosa di più profondo.
  • Si fanno più frequenti i momenti di preghiera caratterizzati dal solo “gemito” spontaneo. 

Con o senza parole. Non ha importanza. Conta il “Gemito dello Spirito” come attestato dai Padri del Deserto (in Vita e detti dei Padri del Deserto, Ed. Città Nuova, Crono, 2). E come attestato anche e soprattutto dalla Scrittura, in Romani 8,26-27 e dal bellissimo Salmo 79 (78 nella LXX) al versetto 11: salga fino a te il gemito dei prigionieri.   Il “gemito dello Spirito” è inconfondibile e si accompagna a fervore ed Eros Divino.

  • I momenti di silenzio e concentrazione interiore si fanno più frequenti ed intervengono senza un particolare sforzo dell’orante. Gli ultimi punti possono variare molto nella durata e nella frequenza. Tuttavia si rientra ancora in un ambito relativamente frequente.
  • Condizione di Esichia, cioè di Silenzio e di Preghiera del Cuore incessante. 

Questo invece è qualcosa di veramente poco frequente. Un dono riservato a chi è davvero umile. Ne parliamo, senza dubbio, per averlo letto e non vissuto. Ci riferiamo, per chi vuol saperne di più, a Teofane il Recluso ne “Larte della Preghiera” di Caritone di Valamo, Ed. Gribaudi. Comunque preferiamo fermarci qui, per non parlare in modo astratto di ciò che non conosciamo.

  • Importantissimo: tutto questo percorso si DEVE accompagnare ad una crescita dell’umiltà. Dapprima questa crescita consiste in una conoscenza approfondita quanto dolorosa di sé stessi. Il Signore fascia le ferite di questo dolore. Tuttavia è una sofferenza ASSOLUTAMENTE IMPRESCINDIBILE. Altrimenti Dio non può agire, e donarci la Preghiera. E’ semplicemente matematico. Non si può crescere nella preghiera, se non ci vergogniamo sempre di più, di quello che abbiamo fatto. Certo c’è la gioia del Perdono. D’accordo. Ma toccare certe cose che ABBIAMO SEMPRE NASCOSTO A NOI STESSI, con un mirabile gioco di prestigio della nostra coscienza, FA MALE. Altrimenti non sarebbero cose che cerchiamo di nasconderci. Solo successivamente possiamo cominciare a dimenticarci di noi e cominciare a pensare solo e soprattutto a Dio. NON è però questa una tappa iniziale come qualcuno vorrebbe.  Un vecchio aforisma ripetuto da qualche prete cattolico recitava: “Dice il Signore, Tu pensa a Me che a te ci penso Io”. Suggestivo, ma vero solo dopo un lungo cammino. Cominciare così vuol dire esporsi a errori, ritardi, dolori.

Abbiamo terminato il capitolo precedente con alcune considerazioni sul calore del cuore e sulla scoperta della bellezza spirituale del mondo. Circa l’evoluzione del primo abbiamo già detto. Dobbiamo chiarire come si sviluppa una “interpretazione” purificata della realtà. Siamo partiti dallo stupore di scoprire che tutto, ma proprio tutto è bello.  Lo diceva il Signore nel primo capitolo della Genesi. Al termine di ogni giornata della creazione il Signore vedeva che ciò che aveva creato “era buono e bello” (Tov  in Ebraico vuol dire entrambe le cose). Ci si meraviglia a vedere la perfezione di una mosca o l’armonia del canto di un uccello. Ora passiamo all’uomo. Il miracolo della purificazione del cuore consiste anche nel vedere la bellezza delle persone. Ci rendiamo conto delle loro virtù e riduciamo le critiche. Ci rendiamo più facilmente conto, che certi comportamenti apparentemente sbagliati degli altri, hanno una loro ragione d’essere ed una giustificazione. Si comincia a vivere quelli che sono i Frutti dello Spirito con più frequenza e più a fondo. Questo, naturalmente è possibile perché cresce la conoscenza di noi stessi e l’umiltà.

Abbiamo finito questa esposizione sulla Preghiera di Gesù. Sottolineiamo ancora, che le tappe qui riportate, in nessun modo vanno interpretate con rigidità. Esse sono state delineate più per stimolare che per ingabbiare, e sono suscettibili ampiamente della discussione di chiunque voglia contribuire.