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Una svolta sorprendente

Quale nuova direzione ha preso il Vangelo per annunciare una lieta novella? Una Nuova Economia? I Santi Padri ce lo spiegano spesso, ma talvolta usando parole un po’ difficili. Certo è che se il nostro dovere fosse solo rispettare i comandamenti, di Cristo non ci sarebbe stato bisogno. Bastava la diffusione della Legge Ebraica. Invece si è presentato Gesù a scompigliare tutto. Vediamo come. Cominciamo da un celebre passo: “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Luca 10,38-41).

L’importanza di questo passo è notevole, perché illustra in parole semplici una delle caratteristiche della “Nuova Economia” inaugurata da Gesù. Si passa da “Fatti e non parole” a “Parole e non fatti”. A prima vista la cosa sembra un po’ curiosa.  Per quale motivo questa svolta? I Farisei a quel tempo rappresentavano un movimento ebraico pio. Molti farisei si prodigavano perché la “Purità” richiesta per accedere al tempio, fosse estesa alle esperienze comuni della vita, come i pasti. In un certo senso era cosa bella. Tutta la vita veniva intesa come una liturgia. Contava non la “purezza” come la intendiamo noi, in senso morale. Piuttosto si trattava di “purità” rituale. Una purità realizzata con un “fare”. Rispettando “regole”. Ad esempio lavarsi le mani prima di mangiare, era intesa come regola rituale. Gesù è molto chiaro sull’argomento: tutto ciò non è sufficiente per la salvezza. Ora, l’episodio di Marta e Maria va ancora più in là. Non solo le regole di Purità farisaiche sono insufficienti, ma persino il servizio, non è da considerarsi “la parte migliore”. Eppure in più di un passo il vangelo raccomanda di servire. C’è una contraddizione? No. Il Signore non si contraddice ma invita a guardare più a fondo. Proviamo anche noi. Esaminiamo innanzitutto il comportamento di Marta.

“Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?” Ma….è una enormità! Marta rimprovera il Signore! Lo riprende. Che fai? Non ti curi di me che sto da sola a lavorare? A pensarci bene una bella impertinenza. Rimprovera il Maestro, di fatto accusandolo di egoismo. E poi insegna a Lui cosa deve fare: “Dille dunque che mi aiuti”. Le dà gli ordini. Sembra dire “Critica anche tu mia sorella…..e falla lavorare”. Ordina al Signore cosa deve fare e cosa deve dire. Ma….è una bella superbia!

Gesù non le fa notare la superbia, ma suggerisce: guarda che “Maria si è scelta la parte migliore”….Come dire: fai anche tu come lei. Cosa deduciamo da tutto questo? Notiamo qualcosa di valido ancor oggi: chi fa opere buone, purtroppo è poi spesso portato a sentirsi buono. A pensarsi migliore degli altri, e dunque a criticare chi non le fa. Dimentichi che il Vangelo raccomanda di non far sapere alla mano sinistra cosa fa la destra. E che lo stesso Vangelo suggerisce di sentirci sempre servi inutili. Ci sentiamo bravi, utili e montiamo in superbia. Come Marta. La Nuova Economia di Gesù, per questo parte dal cuore. Non si fa del bene perché questo coincide con un nostro ideale. Di testa. Guai! Eppure facciamo tutti così. Per ideologia. Pensiamoci bene: quante persone, seguendo un ideale politico, hanno dato via le proprie ricchezze e perfino la propria vita, in favore dei poveri! Ma non sempre hanno fatto poi del bene. Qualcuno per seguire il proprio ideale ha ucciso. Il Vangelo non è un ideale. Non è una ideologia. Non è semplicemente una morale. Gesù va più a fondo. E’ un appello a cambiare il proprio cuore. Se il cuore cambia, cambiano anche le azioni. Ecco la direzione da seguire. E come? Ce lo dice il Signore: fate come Maria: Ascoltate la Parola stando ai suoi piedi.

Andiamo per gradi. Per cambiare il cuore, per medicarlo, prima di tutto bisogna rivolgersi al “Farmaco Eucaristico”. Al Sangue ed al Corpo del Signore. E’ una premessa fondamentale. A quel punto la lettura e la meditazione della Parola di Dio, apparirà più lucida. Meno confusa. Più profonda. Poi però, possiamo investire nella vita, la grazia ricevuta con i sacramenti ci aiuterà a contemplare.

 

Impariamo a contemplare Gesù come Maria

Vediamo una delle molte possibilità. Quella che ci sembra più pratica ed adatta a tutti. Quella che guarda al comportamento di Gesù, e ne cerca e medita la manifestazione delle Divine Virtù. Partiamo proprio dal passo del Vangelo che abbiamo esaminato fino ad ora. Come si comporta il Signore di fronte alla impertinenza di Marta? Guardiamo nel dettaglio.

  • Non la rimprovera
  • E’ dolce con lei, usa un carezzevole “Marta, Marta”
  • Valuta il buono di Marta “tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose…”, non la aggredisce con una critica, ma constata che comunque si dà da fare
  • Fa una proposta positiva. Guarda tua sorella Maria, fa come lei perché è meglio.

Bene. Quali Virtù mette in mostra il Messia? Quattro virtù o attributi divini. Prima di tutto non rimproverandola si mostra longanime. Cioè sopporta con comprensione puntando sul fatto che cambi, dopo che Lui gli ha potuto spiegare con calma le cose. Poi prima di spiegare si mostra dolce, confidenziale, “Marta, Marta”…Come dire, adesso ti devo dire una cosa, ma tu non ti offendere perché ti voglio bene. E’ in una parola “gentile”. Poi valuta che comunque Marta si dà da fare. E’ magnanimo. Si mostra infatti nobile e generoso. Infine, dopo aver mostrato ogni dolcezza e comprensione, formula per lei un buon consiglio, che è quello di fare come la sorella. Ma non gli dice fai …mostra il comportamento di Maria come migliore. Quindi suggerisce con delicatezza.  E’ la virtù del consiglio, ben diversa dai consigli dati criticando o rimproverando. Fin qui la scrittura.

 

La ragione concorda con la fede

Dunque riassumiamo, dal momento che ciò che andiamo esponendo presenta in effetti, qualche difficoltà. Vediamo il tutto da un altro punto di vista. I filosofi antichi, dopo secoli di discussioni, pervennero a questa conclusione: ciò che è in grado di trasformare veramente l’uomo è la contemplazione del Bene, perché l’uomo può unirsi a Dio contemplandolo. Il loro grosso problema però era: quale Dio? Quale Bene? Poiché essendo ricchi ed aristocratici, essi disprezzavano il cristianesimo, finirono per rivolgersi agli Dei pagani ed alla magia. Il cristiano è invece molto più fortunato. Egli conosce la sapienza senza fatica, perché a lui è stata rivelata dalle Scritture. Ed il Dio a cui rivolgersi non solo è ben noto, ma anche efficace. Giusto quindi approfittarne, cominciando dal Vangelo. Qui si trovano molti detti di Gesù, che istruiscono su come comportarsi. Nondimeno è però possibile, attraverso la Scrittura, contemplare il nostro Messia Gesù Cristo, attraverso le Virtù che manifesta nel comportamento. Le qualità che così noi osserviamo, sono Attributi Divini o se vogliamo Nomi Divini. Ecco perché Gesù stesso precisa: “Chi vede me vede colui che mi ha mandato” (Giovanni 12,45). Noi non possiamo vedere l’Essenza di Dio, che è al di là di ogni cosa. Possiamo però vedere, attraverso l’umanità di Gesù, i suoi atti, le sue energie, i suoi attributi. In una parola le Virtù Divine, e contemplandole trasformarci, unendoci a Lui.

 

Seconda tappa: trasferire nel mondo la contemplazione di Gesù.

Ma che significa unirci a Lui? Vuol dire avere in noi, nel nostro cuore, il nostro “Nous”, il nostro intelletto, unito a quello di Cristo.  Come suggerisce San Paolo: “…ora noi abbiamo la mente (l’intelletto)  di Cristo.” (1 Corinzi 2,16). Facciamoci spiegare meglio tutto questo da un Padre della Chiesa, San Massimo il Confessore:” Io penso infatti che abbia l’intelletto di Cristo, chi pensa secondo Lui e pensa Lui attraverso tutte le cose” (Filocalia, Duecento Capitoli, II° Centuria, n° 83). Ci stiamo avvicinando, ma ancora non ci siamo. Cosa ci vuol dire San Massimo, quando ci dice :” pensa Lui attraverso tutte le cose”? Vuol dire dirigere la nostra attenzione, notare, scoprire, nel mondo ciò che è di Gesù Cristo. Per esempio quei comportamenti che somigliano a quelli manifestati nel Vangelo da Gesù stesso. Se il nostro confessore, rimproverandoci bonariamente per i nostri errori, ci dà un buon consiglio, ecco che somiglia al Cristo di Marta e Maria. Di più. Il comportamento umano riflette quello di Gesù, anche se il tema non è la nostra salvezza. Certo, è un riflesso imperfetto, ma è comunque un riflesso. Per esempio, se andiamo dal nostro farmacista a chiedere una Aspirina, e questo ci dice “Ma vede, per il suo caso è meglio la Tachipirina…” , questi in per somiglianza (per analogia, secondo i dotti) riflette la Virtù Divina del Buon Consiglio. Lo stesso un padre che rimprovera bonariamente il figlio, spiegandogli che tornare alle ore piccole ed alzarsi a mezzogiorno, non è una buona strategia per dare esami all’Università. Lo stesso fa chi invece di criticare, tende a cogliere il buono del proprio interlocutore, limitandosi a suggerire un migliore comportamento.  In poche parole si tratta di seguire un famoso consiglio di San Paissios dell’Athos.

 

San Paissios dell’Athos e la contemplazione dei poveri

Il grande Paissios dell’Athos ci dà un consiglio bellissimo, per imparare a contemplare i riflessi luminosi del Signore sul mondo, in modo semplice ed alla portata di tutti. Anche di chi non ha tempo. E’ un modo per far fruttare la vita sacramentale e di preghiera, in una contemplazione semplice e chiara, in grado di contribuire al cambiamento del nostro cuore. Sentite cosa dice ad alcune persone che lo interrogavano: ”Vedete, dobbiamo fare come le Api e non come le mosche. Le api infatti girano e trovano tanti bei fiori da cui estraggono il polline. Le mosche invece si posano spesso sul letame e sugli escrementi”. Un’altra versione più efficace, recita così: “Di fronte ad un mucchio di immondizie, le api trovano sempre un fiore dove posarsi, ma le mosche finiscono sempre per posarsi sul letame”. San Paissios ci invita a guardare al Bene. Appunto. Spesso, ammettiamolo, passiamo tempo, tanto tempo, a rimuginare. Quello ci ha offeso. Quell’altra sbaglia tutto. Potrebbe succedere quello. Abbiamo paura di quest’altro. Etc. Si possono trovare variazioni infinite, ma il minimo comune multiplo è sempre quello: il male, le cose che non vanno, le cose che non dovremmo desiderare. In poche parole il letame. Fare invece come le api significa apprezzare i fiori, cioè le tante cose belle e buone che ci circondano e di cui non ci accorgiamo.  Facciamo il pieno alla macchina, e il benzinaio ci serve gentilmente e celermente. Chiediamo una informazione, e ci viene data prontamente. Non gli diamo peso per un semplice motivo: siamo convinti che tutto ci sia dovuto. Ci accorgiamo semmai se veniamo serviti in ritardo e senza gentilezza. E ci lamentiamo. Ecco perché contemplare il Bene nel mondo è un digiuno della attenzione.  Perché ci riesce difficile distoglierci dai cattivi pensieri, spesso suggeriti dagli angeli decaduti. E’ un digiuno a volte più duro che l’astenersi dai cibi. Infatti il pensiero malvagio, per costituzione è ossessivo, ripetitivo e percussivo. Tuttavia il segreto della riuscita è questo: iniziare. Ogni pensiero virtuoso ne attira un altro. Magari dopo un po’, ma lo attira. Non bisogna avere fretta. Un po’ alla volta. Leggiamoci un capitolo del vangelo o ascoltiamolo su You Tube, se non abbiamo tempo. Sono 5 minuti. Solo 5. Poi riflettiamo, e meditiamo sulle Virtù che il Signore mostra nel suo comportamento, in quel capitolo. Poi cerchiamo, attraverso la somiglianza, di scoprirne di simili nella gente che incontriamo, durante la giornata. Faremo delle scoperte sorprendenti, che ci aiuteranno a superare le difficoltà che offre il digiuno della attenzione…..e ci troveremo contemplativi. Avremo finalmente scoperto la contemplazione dei poveri. Quella a disposizione di tutti e non solo dei santi. E questo, lentamente ci trasformerà.