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Un migliore discernimento             

Abbiamo visto nei precedenti articoli dedicati al primo comandamento come si realizzino le seguenti condizioni:

  • Gli elementi coinvolti sono sempre gli stessi: cuore, anima, mente e forze
  • L’ordine in cui questi elementi sono disposti è sempre lo stesso.

Ora dobbiamo riflettere insieme sulla quarta espressione usata: “con tutte le forze”. Essa segue quella “con tutta la mente”. Non è un caso. Infatti il primo effetto della purificazione della mente, consiste proprio in un migliore discernimento, e questo permette di meglio operare, di meglio impiegare le proprie “forze”. Nella nostra mente, infatti, il pensiero ha tre diverse sorgenti:

  • L’uomo stesso che pensa
  • I suggerimenti degli angeli
  • Le tentazioni dagli spiriti decaduti

Cosa succede nella vita quotidiana? Succede che una mente non ancora purificata tende ad attribuire a sé tutti i pensieri. Anzi, si scandalizza se qualcuno gli fa notare la verità. E cioè, che non è così. Non tutti i pensieri sono nostri. Sono semmai molto presenti quelli che potremmo definire tentazioni. E cioè, quegli inviti al peccato operati dal tentatore. Questi traggono la loro forza dal connettersi con una o più emozioni. Cioè, dall’ unirsi con una o più passioni deviate dell’anima. Ecco perché sul momento crediamo che tutti i pensieri siano nostri. Riconosciamo le emozioni come nostre, e pertanto crediamo che anche i pensieri che le hanno generate lo siano. Ma ripetiamolo, non è così. Quello che andiamo affermando è una banalità, che viene ripetuta senza scandalo, da tutti i genitori cristiani ai loro bambini. Una banalità però, che viene dall’esperienza dei padri del deserto. “Siedi nella tua cella, ed essa ti insegnerà tutto”, recita uno dei loro detti più famosi. Che vuol dire? Vuol dire che il monaco, una volta toltosi dagli affanni del mondo, seduto da solo nella cella, si trova ad osservare il film dei propri pensieri. E cosa vede?

 

Dalla lotta interiore all’agire per il bene

Vede che certi “pensieri” hanno la caratteristica di essere intrusivi, cioè di presentarsi alla coscienza, senza che in realtà, chi pensa abbia avuto la volontà di generarli. Questi pensieri intrusivi hanno poi altre due caratteristiche:

  • Tendono ad essere insistenti fino a divenire martellanti
  • Tendono a suscitare emozioni di rabbia o di desiderio. In entrambi i casi di cose illecite: vendetta, violenza, sesso, cibo etc.

Dunque il monachesimo ci insegna l’importanza del pensiero, perché da lì nasce il peccato. Chi non ha consapevolezza dei pensieri intrusivi o “logismoi”, come li chiamavano i Padri, è un guerriero che combatte senza armi. Se si casca nel tranello di credere che tutti i pensieri siano nostri, ci consegniamo mani e piedi legati al nemico, che farà di noi ciò che vorrà. Il discernimento che ci è donato dalla lotta contro le passioni e da una vita almeno tendenzialmente equilibrata, ci permette invece di scoprire il tranello. E questo grazie alla luce divina che, attraversando l’occhio dell’anima, illumina la nostra volontà. Essa infatti, soprattutto se evocata dalla preghiera, stacca il pensiero malvagio, cioè la tentazione, dall’emozione a cui si è legato. Allora, la nostra volontà può intervenire liberamente spazzando via il  pensiero cattivo. La volontà diventa allora libera di agire per il bene e la “forza” della nostra volontà si accorda col volere divino. Ma non è finita. Non c’è solo questo. Alcuni pensieri, infatti, vengono da “destra” invece che da “sinistra”, come ci raccontano i Padri del deserto. Cioè, non sono facilmente riconoscibili come malvagi, perché sono apparentemente buoni. “Fai un digiuno di dieci giorni, a pane e acqua! Piacerai al Signore….”  Per esempio.  I monaci del deserto di Scete, ci raccontano che il principiante è spesso preda di queste tentazioni di orgoglio, camuffate da suggerimento angelico. Certamente chi è all’inizio di un cammino spirituale ha bisogno di un Padre Spirituale, per rigettare queste sottili tentazioni. Ma chi ha imparato a vivere la vita dello Spirito, gode di quella luce che sa scoprire gli inganni e dirigere i passi del cristiano sulla vera vita in Cristo. Dunque dall’anima riordinata alla mente, E poi, dalla mente alla volontà. Il frutto dell’intelletto che si purifica attraverso il riordino delle passioni e delle potenze, è innanzitutto rappresentato da una volontà retta, che agisce altrettanto rettamente.  Come già detto la volontà è una forza. Si dice infatti: “ho fatto questo con la forza di volontà”.

 

Dalla “forza” a “tutte le forze”

Viviamo in una società che ci presenta continuamente ciò che San Paolo chiamava nella prima lettera ai corinzi “affanni”. Arrivare in fondo al mese con i nostri stipendi, la bolletta della luce esagerata, il figlio che si ribella, la madre malata, il lavoro che diventa incerto. E questo è solo uno scampolo. Ordinare la nostra volontà allora, che vuol dire? Purtroppo negli anni ‘70 e ‘80 si è venuta a creare una corrente di psicologi, che dura tutt’ora, che ha cercato di convincerci che è bene lasciarci “vivere”, essere spontanei, fare come viene, non essere autoritari con sé stessi. Tutto questo è diventato uno slogan che crede di diffondere libertà. Invece ci condanna alla schiavitù dei nostri istinti, e ci lascia sommersi dall’ansia di risolvere il bombardamento degli affanni.  No, la liberazione invece avviene proprio grazie al percorso che abbiamo seguito fino ad ora. E cosa allora si può aggiungere alla parola “forze” per ottenere quella caratteristica per cui si può parlare di “tutte le forze”? E’ il caso di aggiungere la “consapevolezza”. Si tratta della consapevolezza dell’orientamento fondamentale delle nostre attività. Tutto deve essere ordinato a Dio. Tutto, sia direttamente che indirettamente. Per esempio il lavoro è orientato al Regno indirettamente (ma sicuramente). E così una corretta vita familiare, e perfino il riposo. Si è riposato pure Dio dopo la creazione, possiamo ben farlo anche noi. Ma sempre con un criterio. Sempre con una logica vigilante. Sempre con discernimento. In una parola: sempre con “consapevolezza”.

 

Conclusione

Ecco che siamo arrivati al “con tutte le forze”. Ma dedicare ogni minuto della giornata a Dio, sia pure indirettamente, apre già al secondo comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso. La volontà ben orientata rappresenta una autentica autostrada per la realizzazione degli atti necessari ad amare il prossimo nostro come noi stessi. Ecco perché il primo comandamento, come dice il Signore, è il più importante e perché il secondo è simile al primo. Dunque ringraziamo il Signore per questi due comandi meravigliosi, e prendiamoli come nostro programma di vita.