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“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente” (Matteo 22,37). Qualcuno, seguendo Aristotele, ha professato l’idea che Dio non si possa amare ma solo ammirare, perché il Signore non si vede e si può amare solo chi si può vedere. Non bisogna considerare queste dottrine in modo solo negativo. Esse infatti hanno il pregio di farci capire un punto interessantissimo, attraente per la sua estrema semplicità e chiarezza. La ragione ci dice, giustamente, che è impossibile amare qualcuno che non si vede, non si sente e non sappiamo nemmeno chi è e chi non è. Ma il nostro Padre ci chiede di amarlo proprio in questo modo, senza vedere e sentire nulla. Per Lui stesso.  Si passa sopra questo punto forse con un po’ troppa superficialità.

Perché? Perché ci chiede una cosa impossibile? Si può conoscere Dio attraverso le sue opere, attraverso i miracoli, attraverso la bellezza meravigliosa della Sacra Scrittura. Tutto ciò può indurci ad ammirarLo ma non ad amarLo veramente. Ammirazione, meraviglia, riconoscenza, si ma non amore. Ecco che si arriva alla Carità come frutto soprannaturale del Dono dello Spirito Santo. Amare Dio, amarLo senza vederLo né sentirLo, arrivare là dove la nostra ragione NON può arrivare  è appunto il dono più importante dello Spirito e si chiama Carità (1 Cor 12,31-13,13). Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa che la Carità è quella Virtù che ci fa amare Dio per se stesso, e gli altri per amor di Dio. Se noi sentiamo inspiegabilmente amore per Dio, e per Dio in se stesso e per se stesso,  quello è dunque segno indefettibile dell’azione in noi dello Spirito Santo.  Quando è ben fatta la preghiera è un atto di amore verso Dio . Quando il sentimento di amore che la anima, cioè la Carità stessa, si amplifica, costringendoci al silenzio di fronte alla misteriosa presenza di Dio, allora parliamo di ADORAZIONE.  Ecco perché la vera Adorazione può essere fatta solo in Spirito! E quindi ecco perché “Adoratori in Spirito e Verità”.

Dialogo e risposta di Dio

Ma c’è un motivo accessorio. Nella Adorazione il punto di partenza inevitabile è il rapporto personale con Dio. Questo rapporto non è rapporto vero se non è un dialogo. Cioè, se Dio non risponde in qualche modo a chi “parla con Lui” pregando. Ascoltare con pazienza la risposta di Dio, attraverso frasi specifiche contenute nella Sacra Scrittura, come in un sermone pronunciato da un prete, oppure in uno slogan pubblicitario, che sembra fatto su misura per noi, rispondendo con precisione alla nostra domanda, tutto ciò è appunto ascoltare lo Spirito. E’ questo, infatti, il modo in cui il Signore parla nell’intimo dei nostri cuori: “Il Signore mi ha dato consiglio, anche di notte il mio cuore mi istruisce” (Salmo 16(15 LXX), 7). E ancora: “Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione” (Giobbe 33,14, C.E.I.).  Abbiamo un esempio illustre da mostrare come esempio di ciò che diciamo. Sant’Agostino, in un momento cruciale per la sua conversione, sentì per caso dalla finestra un bambino che canticchiava:”….Tolle et Lege….Tplle et Lege…”. Cioè prendi e leggi. Il Santo prese la bibbia e la aprì ed il suo sguardo cadde su una frase di San Paolo, perfettamente calzante nel rispondere ai suoi dubbi. Il santo allora si convertì definitivamente. Queste cose   non succedono solo ai santi ma a tutti coloro che hanno un briciolo di fede. E’ fuor di dubbio che il tutto va posto al vaglio di un serio e corretto discernimento. Ma la sostanza rimane: dialogare vuol dire anche mettersi all’ascolto dello Spirito Santo.  Quindi, in buona sostanza, lo Spirito Santo sostiene tutti e due i poli del nostro dialogo con Dio. Si “guarda” il Signore con l’amore per Lui che è frutto dello Spirito, si ascolta la Sua presenza e la sua Parola grazie allo Spirito.