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L’alfa e l’omega dell’Apocalisse

“E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse:

«Ecco, sono compiute!
Io sono l’Alfa e l’Omega,
il Principio e la Fine.

(Apocalisse di Giovanni 21,5-6).

Questi versetti dell’Apostolo Giovanni ci aprono un mondo. Ci fanno prima di tutto apprezzare un aspetto della novità cristiana, non sempre approfondito. Il tempo cristiano non è circolare. Non ritorna su sé stesso. Non c’è nel cristianesimo, come in alcune religioni, “l’eterno ritorno”. E il tempo di Cristo non è nemmeno fermo. Va avanti. Dio è principio e fine. C’è un inizio ed una fine. La civiltà cristiana non va sempre più in basso come nell’Induismo, né è ferma in un moto circolare, come nell’Islam. C’è un Alfa ed un Omega, c’è un principio ed una fine. Il tempo scorre. C’è un futuro. C’è un cammino.

I due inganni: il tradizionalismo ed il futurismo

I Padri della Chiesa, individuavano due passioni dell’anima che erano e sono in grado di modificare il sentimento ed il pensiero dell’uomo. Esse lo spingono verso l’errore nella concezione del tempo. Sono la tristezza e l’accidia. A quest’ultima forse potremmo aggiungere la gola, nella versione curiosità e sete di conoscere cose inutili. La tristezza spesso genera la nostalgia. Chi è dominato da questa passione (diversa dalla depressione psichiatrica), vive spesso uno stato d’animo pieno di nostalgia. Domina la perdita, di qualsiasi cosa. Non di rado di quello che c’era un tempo…Il passato diventa dorato. Si immagina il tempo che fu con colori artificiali, spesso inventati.  Tutto era meglio, mentre adesso tutto va male. Sono persone che in realtà il passato non lo conoscono. Anche perché gli storici stessi sanno poco. Come si viveva mille anni fa? C’era davvero più fede? Quali sono i documenti affidabili che ci descrivono in modo esauriente, ciò che viveva e sentiva l’uomo di mille anni fa? Zero. Prove zero. Solo testi che descrivono i ricchi e non i poveri. I nobili e non gli schiavi. Ai tempi delle persecuzioni anticristiane c’erano i martiri, e noi li ricordiamo con ammirazione. Ma c’era anche chi per salvarsi la vita, rinunciava a Cristo. E purtroppo erano molti. Questi li ricordiamo poco. Così c’è chi si fabbrica un passato esaltante, eroico. E pensa tutto in funzione di quello.

Poi ci sono i futuristi.  Quelli che credono che si possa costruire il futuro senza il passato. Anzi negando e condannando il passato. L’accidia muove il poveretto che ne è pervaso, sempre alla ricerca di cose nuove. Ancor più se è presente anche quella gola spirituale, che spinge in modo ossessivo verso la curiosità. “Il nuovo che avanza”. “L’aggiornamento”. “L’innovazione”. Il futuro diventa tutto rosa, e le generazioni passate con la loro cultura, un branco di zombie.  Gente che ha sbagliato tutto, a cominciare dal modo di vivere la fede.

No, il cristiano è chiamato a resistere a queste due tentazioni, a questi due inganni, ed a procedere avanti, mettendo però saldamente i piedi sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto. Andare avanti tenendo salde le radici nel passato, con coraggio, ma anche con equilibrio.

La virtù di essere creativi nel lavoro, nella società, nella vita personale.

Dio ha creato, crea e continua a creare. E chiama l’uomo a co-creare con Lui. Il Signore non chiede all’umanità di creare dal nulla. Sa bene che lo può fare solo Lui. Chiede di collaborare, dando un nuovo ordine alle cose già create. Un ordine che consenta alle sue energie, ai suoi attributi, una maggiore espressione nel mondo. L’attività dell’uomo, quando è onesta ed informata dallo Spirito, solleva il velo del peccato e permette alla giustizia, alla compassione, alla bellezza, alla fortezza, alla pazienza, alla conoscenza ed a tutte le altre energie divine, di risplendere tra gli uomini. E la creatività è un bellissimo attributo Divino. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”, dice il Signore. Il carisma della novità, è un Suo carisma. E lo Spirito non lo dona solo ad alcuni, ma a tutti. Ognuno lo può esprimere secondo la propria misura, le proprie doti ed il proprio carattere. Impegnarsi a realizzare in modo nuovo il proprio lavoro è partecipare al vento spirituale del Paraclito. Animare la vita sociale del proprio quartiere, con proposte che ne migliorino la vita, impegnarsi nel sindacato, sviluppare un modo migliore di fare il tappezziere, non è diverso dal fare una scoperta scientifica. È creativa anche una casalinga, che trova migliore un detersivo piuttosto che un altro, per pulire un pavimento difficile. Non è l’oggetto materiale a cui ci si applica, che qualifica la creatività come virtù divina. Dio conosce le diverse capacità e le diverse responsabilità. E guarda al cuore.

L’ascesi e creatività

Ignac Fulop Semmelweis era un medico che esercitava nella Vienna del XIX secolo. Scoprì che se dopo aver effettuato la dissezione di un cadavere si passava subito alla sala parto, senza lavarsi le mani, le partorienti andavano incontro ad una brutta infezione ed alla morte. Vide che lavandosi le mani tutto ciò non succedeva, e cercò di comunicare la scoperta ai suoi colleghi. Oggi troviamo la cosa banale, ma a quel tempo non era così. Ed il Dr. Semmelweis fu pesantemente criticato e ridicolizzato.  A partorire in ospedale erano spesso prostitute o ragazze madri. Le altre lo facevano in casa. Dunque per gli avversari di Semmelweis, tutto era chiaro: l’infezione era una punizione divina.  Semmelweis non fu mai creduto e ne morì.  Fu riabilitato solo molti decenni dopo, dal medico e scrittore francese Luis Ferdinand Céline, che fece su di lui la sua tesi di laurea. Portiamo questo fatto storico, come modello di ciò che succede spesso a chi si impegna nella creatività. La gente in genere, non vuole turbamenti. D’altra parte il più grande innovatore di tutti i tempi, Gesù Cristo, è finito sulla croce. Perché dunque meravigliarsi? Troppo spesso si conferisce un eccessivo valore a veglie e digiuni. Non ci si rende conto che il corpo, specie se giovane, alla fine si abitua a tutto. Ma il cuore no. Non ci si abitua molto facilmente alla derisione ed alla denigrazione, a cui va incontro il portatore di novità. Ecco perché il frutto spirituale della creatività è spesso, per chi chiede aiuto allo Spirito, pazienza, perdono, amore del nemico. L’innovatore ispirato, impara a pregare per il perdono dei denigratori. Chiede a Dio di non guardare alla maldicenza di cui è oggetto, e di perdonarla. E tutto ciò avviene quasi sempre nel nascondimento. Nessuno saprà. Nessuno racconterà la sua storia. Nessuno verrà a chiedergli di fargli da padre spirituale. Nessuno farà un libro con i suoi detti. Ma Dio sa.

Conclusione

Il Signore chiede a tutti di partecipare alla virtù divina della creatività. Essa rappresenta una vera via spirituale a disposizione dei laici. Viviamone con gioia le inaspettate profondità.