Home English EN French FR German DE Greek EL Italian IT Portuguese PT Romanian RO Serbian SR Spanish ES

Gesù offre il pane ed il vino frutto del lavoro dell’uomo

“Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo».  Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.  Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio»” (Matteo 26,26-29).

È l’istituzione dell’Eucarestia che il Sacerdote ricorda nella Divina Liturgia. Il Signore non poteva essere più esplicito: il corpo ed il sangue del Messia sono il pane ed il vino, cioè: il frutto del lavoro dell’uomo. È il lavoro dell’uomo che è chiamato a rappresentare la pienezza dell’incarnazione: il sangue ed il corpo. È il lavoro dell’uomo che rappresenta la discesa del Signore nella carne, per farsi obbediente fino alla morte di croce, e salvare tutti con la Resurrezione. È infatti il frutto del lavoro dell’uomo che rappresenta quel corpo che risorge in Cristo come salvezza dell’umanità. Ma perché proprio il lavoro dell’uomo?

 

Con il sudore della fronte…..

“Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Genesi 3,19). Con queste parole Dio punisce Adamo per il peccato commesso nel Giardino dell’Eden. Il lavoro sarà la purificazione dall’errore commesso con Eva. E questo è importante perché attraverso il lavoro l’uomo sviluppa delle virtù. Un po’ tutti i lavori generano pazienza, ma ciascuno tende ad ampliare certi aspetti particolari della grazia. In certi casi l’ascolto, come in coloro che nelle amministrazioni fanno un servizio al pubblico. Altri la misericordia, come gli infermieri, altri ancora la conoscenza, come gli insegnanti, etc. Queste virtù particolari sono il frutto spirituale del lavoro. Ma ecco che Dio si incarna, prende un corpo, e chiama a rappresentare questo corpo il frutto del lavoro umano, il pane ed il vino. Attenzione: questo è un punto importante! La chiesa ha insistito tantissimo dedicandovi un intero concilio: Gesù Cristo, l’incarnazione del Dio vivente, non ha una sola natura, ma due: natura divina e natura umana. Entrambe unite senza confusione. Per salvarci Dio assume per intero tutta la natura umana, compreso la volontà. Ma cosa sceglie per rappresentare la natura umana nell’Eucarestia? Sceglie appunto il lavoro dell’uomo! Sceglie il pane ed il vino che sono frutto e simbolo della fatica umana, del sudore della fronte che per secoli era stata la condanna di Adamo, cacciato dal paradiso terrestre. E unendo al lavoro la sua Divinità, ecco che salva l’uomo, salva tutta l’umanità, risorgendo da morte dopo la crocifissione.

Ecco che si realizza nella pienezza la purificazione comandata da Dio dopo il peccato Ancestrale: da solo il lavoro non avrebbe completato questo compito, ma il Dio della compassione si è incarnato per assumere su di sé il suo frutto per offrirlo al Padre e farlo risorgere dopo tre giorni realizzando così la salvezza!

 

Dignità del lavoro e santificazione

Fermiamoci ora a riflettere. Dio non ha detto: prendete le vostre elemosine. Quelle sono il mio corpo. E nemmeno ha detto che lo sono i cori dei monaci o le nostre preghiere. Tutte cose sante. Anzi santissime. Ma ha detto un’altra cosa. Ha preso il pane ed il vino frutto del sudore del volto dell’uomo. E sono i laici che vivono il lavoro nella pienezza! È dunque chiaro come il sole che è il lavoro al centro della nostra redenzione. Gesù ha ad esso conferito la massima dignità. Dunque il lavoro stesso è strumento di santificazione e di perfezionamento, ma anche oggetto di offerta. Offerta del sacerdozio universale dei laici. Offrire al Signore tutti i giorni il nostro lavoro non è un “optional”. Coltivare attraverso il lavoro delle virtù particolari ad esso connesse ai fini del nostro perfezionamento, non è un di più per i più volenterosi. Continuare a coltivare queste stesse virtù anche dopo il pensionamento, usando attività diverse dal lavoro svolto da giovane, non è un passatempo per chi si annoia.

 

Lavoro e Deificazione

Tutti i Padri sono concordi: Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenisse Dio. Massimo il confessore ci insegna allora, che questa deificazione non riguarda la nostra natura. Non diverremo infiniti ed onnipotenti, ovviamente. San Massimo ci ricorda invece che divinizzazione è realizzare il progetto di Dio su di noi. Progetto in cui le virtù del Lavoro giocano la parte del leone. Dunque il lavoro diventa quel terreno dove, investendo la grazia stessa dell’Eucarestia, svilupperemo quelle virtù che Dio ci chiede. Esse sono così, appunto in buona parte, frutto del sudore del nostro volto, come prescritto nella Genesi. Questi frutti spirituali e materiali ritornano poi nella stessa Eucarestia sotto le specie del pane e del vino, ed il circolo virtuoso si chiude perpetuandosi fino alla fine dei tempi.

 

Conclusioni

Ricordiamoci di offrire al mattino il nostro lavoro al Signore con una breve preghiera. Bastano pochi secondi, anche in autobus. Durante il lavoro ogni tanto ricordiamoci del Signore per rinnovare la nostra offerta, anche solo per pochi secondi. Chiediamoci sempre cosa vuole il Signore da noi con il nostro lavoro. Quali virtù ci chiede di sviluppare. Chiediamoci sempre se in questo gli abbiamo obbedito. Chiediamoci quale potrebbe essere il suo progetto su di noi e cerchiamo di realizzarlo con la forza dataci dalla grazia. E soprattutto abbiamo finalmente un po’ di fiducia: i laici che lavorano, non sono l’ultima ruota del carro, ma al contrario rappresentano l’asse portante della Eucarestia.