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L’opera creatrice di Dio è terminata?

Vediamo in parallelo questi due passi della scrittura:

“Il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Giovanni 5,17).

“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini “(Matteo 5,13).

Nel primo versetto si dichiara che esiste una creazione continua da parte del Signore. Non è una affermazione scontata, dal momento che varie filosofie di moda a quel tempo (e in parte anche ora), teorizzavano un Dio motore immobile. Un Dio che aveva già finito di creare una natura che, con le sue leggi, andava avanti da sola. Il Vangelo è chiaro: Il Padre e Suo Figlio operano ancora, e continuano ad operare. La creazione, infatti, è appena iniziata. Il suo progetto è qualcosa di grandioso, la cui magnificenza nemmeno possiamo immaginare. Essa è stata annunciata in più passi della Sacra Scrittura, eccoli: Isaia 65,17

Ecco infatti io creo
nuovi cieli e nuova terra;
non si ricorderà più il passato,
non verrà più in mente,

Isaia 66,22

Sì, come i nuovi cieli
e la nuova terra, che io farò,
dureranno per sempre davanti a me
– oracolo del Signore –
così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome.

2Pietro 3,13

E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia.

Apocalisse 21,1

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.

Non solo, ma San Paolo perfeziona questi passi spiegandoci come e perché questa creazione sarà nuova e non passerà più: “Poiché Dio sarà tutto in tutti” (1Corinzi 15,28). Si realizzerà quindi una unione profonda di Spirito e Materia, così come anticipato a Pietro, Giacomo e Giovanni, nella Trasfigurazione. Certamente ci sarà la “Parusia” cioè la seconda venuta del Messia. E certamente ci sarà un Giudizio, ma in esso verranno scelti coloro che saranno destinati a partecipare al grande progetto divino.

Cerchiamo di riassumere meglio, descrivendo il tutto con altre parole, dato che stiamo entrando in un territorio poco frequentato, anche se assolutamente corretto e ben conosciuto dai teologi (ma poco divulgato tra i laici….). La Bibbia, sottolineiamo la Sacra Scrittura, nei passi citati ci annuncia una creazione complessa, che non si limita al solo primo capitolo della Genesi. Essa prevede un secondo tempo, in cui vi saranno cieli nuovi e terre nuove. In cosa consiste questo secondo tempo? San Massimo il Confessore ci insegna che si tratta di un movimento di ritorno a Dio di tutte le opere create. Perché ogni cosa creata “guarda” a Dio che l’ha creata con amore ed un intimo desiderio di ritorno, e di unione con Lui. Quindi Creazione di tutte le cose e dell’uomo e, seconda fase, ritorno a Dio di tutto il creato. Questo ritorno è finalizzato ad una unione con Lui, come ci ha spiegato poco sopra San Paolo “Dio sarà tutto in tutti”. Lo splendore della trasfigurazione, ammirato da Pietro, Giacomo e Giovanni, potrebbe essere quello che ora siamo in grado di concepire, come risultato finale. Risultato che è il prodotto, come ci dice San Massimo, dell’unione tra Cielo e Terra, tra Spirito e Materia, come profetizzato e annunciato dalla incarnazione del Figlio di Dio. Ecco perché San Massimo, ed i Padri con lui, considera l’incarnazione come il cuore della rivelazione. Ed anche perché i Padri abbiano speso tanta fatica nel ben descriverla in tutti i suoi dettagli, difendendola dal mare delle eresie che imperversavano nei primi secoli dopo Cristo.

Ma in questa attività di Dio, l’uomo è solo uno spettatore? No. L’uomo fin da ora è invitato a partecipare questa incredibile avventura.  Come? Essere il sale della terra è un richiamo a tutti noi a fare la nostra parte. Certamente vi sono molti aspetti in cui siamo chiamati a fare la nostra parte, uno di questi potrebbe essere il lavoro. Nelle attività lavorative, in effetti, potremmo figurare come co-creatori, all’opera di Dio.  Ma entriamo nel dettaglio.

 

Gesù ci insegna a santificare il lavoro e la famiglia

È lui il Maestro. Dunque è Lui il Modello. Cosa ci insegna di fare? Cosa ha fatto? Certo per tre anni ha predicato. Ma non tutti sono chiamati ad essere preti. E allora? E allora guardiamo a cosa ha fatto prima di predicare. Per ben 30 anni ha vissuto in famiglia. Presumibilmente, dai 10 anni ai 30 ha lavorato. La bellezza di 20 anni. Si perché a quel tempo si incominciava a lavorare presto. All’inizio San Giuseppe deve aver insegnato al piccolo Gesù, garzone di bottega, i rudimenti del mestiere di falegname. Poi, passata la prima adolescenza, Gesù deve aver lavorato nella azienda artigianale del padre Giuseppe. Tavoli, sedie, porte. Misure. Ore ed ore in falegnameria. Discutere con i clienti. Per venti anni. Gestire i clienti rognosi che chiedono l’impossibile. Pazientare con quelli maleducati. Mesi. Anni. Programmare con San Giuseppe il lavoro della settimana. Discutere con lui su come accontentare certi clienti o come fare con quelli che non pagavano. Venti lunghi anni. Ce lo hanno mai raccontato Gesù così? Ci si pensa poco. Troppo poco. Eppure Gesù non è nato a 30 anni, ma si è preparato alla predicazione durata tre soli anni, con 20 lunghi anni di lavoro artigianale. Era la vita di Nazareth, modello per tutti i laici. Il Signore non ci è venuto a trovare sotto forma di un angelo, ma incarnandosi in un corpo umano. Padre, Madre, bambino, famiglia. E poi lavoro, lavoro ed ancora lavoro, con il padre Giuseppe. Ha voluto percorrere tutto ciò che fanno gli uomini e solo dopo ha predicato. Questo articolo è un invito a meditare lo straordinario miracolo della incarnazione ed il suo insegnamento.

 

In che senso siamo chiamati a co-creare con Dio?

Dio crea dal nulla, mentre noi non ne siamo capaci. Allora? Allora la creazione dell’uomo consiste nel riordinare il mondo. Dare un nuovo ordine alle cose in modo che da esse possa “trasparire l’attività dello Spirito”. Cosa vuol dire “trasparire”? Spieghiamoci meglio. Facciamoci aiutare ancora una volta da San Massimo il Confessore. Egli in un brano contenuto nella Filocalia (Volume 2, “Duecento Capitoli – Prima Centuria, N° 50) ci dice che le Virtù sono increate ed eterne. La Giustizia, la Misericordia, la Pazienza etc. sono virtù praticate dall’uomo ma che traggono però la loro origine da Dio e di Lui incarnato, sono “Attributi”.   Essere pazienti, essere misericordiosi, essere umili, tutto questo ci avvicina al Signore. Perché Gesù, che è il Signore, le ha vissute e ce le ha mostrate. Lo ha detto lui “Chi vede me vede il Padre” (Giovanni 14,9). Perché   in esse partecipiamo della Gloria Divina e delle Energie Divine.  Ma questo cosa c’entra con la creatività? C’entra, perché, detta in parole semplici, quando noi aggiungiamo alle nostre azioni materiali le virtù spirituali, esercitando la pazienza, la longanimità, la mitezza, l’umiltà, etc. noi trasformiamo il mondo, cominciamo ad unire profeticamente alla materia l’eternità spirituale delle Virtù.  Questo è un punto molto importante, perché nella società attuale, per creatività si intende inventare qualcosa di nuovo, come un’opera d’arte, per esempio, o fare una scoperta scientifica. Si porrebbe allora il problema delle professioni privilegiate ed al contrario, dei lavori ripetitivi. No. Non si tratta di questo. L’invenzione è solo un caso particolare della vera creatività, che è quella spirituale. Quest’ultima anticipa e profetizza la nuova creazione, cominciando qui ed ora ad unire alla materialità dell’atto umano lo Spirito increato ed eterno delle Virtù. Della pazienza, dell’obbedienza, dell’umiltà, dell’amore. Ma facciamo qualche esempio.

 

Alcuni esempi pratici

Prendiamo per esempio una signora che lavora in una friggitoria ed esaminiamo cosa fa con un po’ di precisione:

  • Sta in piedi tutto il tempo che lavora o quasi. È molto faticoso. Se in là con gli anni, può affacciarsi un’artrosi lombare con relativi dolori. Vengono in mente i monaci “stiliti” dell’antica Siria. Essi andavano nei villaggi e si mettevano in piedi al centro della piazza principale. Stavano lì con il sole, il vento o la pioggia. In piedi. Qualcuno di loro, come San Simeone, è diventato famoso perché faceva tutto questo stando in cima ad una colonna. Tuttavia, buona parte degli stiliti, in realtà, stava a terra. Semplicemente in piedi. La differenza con la nostra signora è che loro pregavano alzando le braccia al cielo, mentre la nostra venditrice di frittelle serve gli altri. È poi così tanto diverso? Gli stiliti subivano le intemperie, lei invece bada alla gestione economica del negozio, alla sua pulizia, all’acquisto della carne e dell’altro materiale che serve per cucinare. Poi pensa alla cucina delle varie specialità. Gli stiliti fanno tutto volontariamente, con il grosso rischio di sentirsi più bravi degli altri, mentre la nostra signora molto umilmente, lo fa per poter fare la spesa e comprare i vestiti per tutta la famiglia.  Chissà che in fondo non ci siano meno tentazioni nell’orgoglio! Dunque riassumendo, nella friggitoria si affronta una vera e propria ascèsi, non fine a sé tessa ma per servire
  • Cucinare per il meglio, cercando di dare al cliente un cibo migliore, ha un ritorno economico è vero, ma è anche un’opera di misericordia. Dare un sollievo culinario, a chi arriva al negozio stanco, dopo una mattinata di lavoro, è un’opera di misericordia. Certo, la signora riscuote soldi per il proprio lavoro, ma questo è legittimo. Anzi, il guadagno per un lavoro onesto non solo è legittimo (“…perché l’operaio è degno della sua mercede; Luca 10,7), ma è segno di senso di responsabilità nei confronti della propria famiglia.
  • Poi c’è l’obbedienza. I clienti ordinano e la signora obbedisce. Sempre stando in piedi. Ogni 5 minuti. Dammi questo, dammi quello. Riscaldami quell’altro. Etc. Ascolto obbedienza, talvolta consiglio di ciò che è più conveniente.
  • Riassumendo, questa signora nel lavorare esercita la pazienza e lo spirito di sacrificio tipici dell’ascèsi. Non solo ma anche l’obbedienza, lo spirito di servizio e la misericordia. Inoltre fare bene il proprio lavoro è onestà e quindi Verità. E questo per tutto l’orario di lavoro sebbene in diversi modi. Come si può non ammirare questa persona! Essa ha compiuto attraverso il lavoro un atto spiritualmente creativo, perché ha unito al gesto materiale di svolgere un lavoro, il valore spirituale di diverse Virtù. Ha realizzato profeticamente, l’unione di Spirito e Materia. Ma è una cosa bellissima! Ecco come il lavoro diventa vera attività creativa, soprattutto se offerto la mattina al Signore con una breve preghiera, e se lo compie chi si comunica, si confessa e frequenta la liturgia eucaristica, purificando le proprie intenzioni.  Si potrebbero fare molti altri esempi ma non è il caso di allungare queste argomentazioni.

 

Cosa può mettere in più il cristiano nel lavoro?

Prima di tutto bisogna riuscire a trovare il lavoro più adatto a noi. Tutti abbiamo diverse attitudini e queste vanno adattate alle nostre attività professionali. Se non siamo al nostro posto può essere difficile lavorare con amore, dunque bisogna vincere la pigrizia ed impegnarci “con le unghie e con i denti”, per trovare l’attività adatta. È un punto di partenza fondamentale. Poi servono quattro cose:

  • Liberare il nostro amore per Dio. Come creature, nel fondo della nostra anima, amiamo il nostro creatore. La Chiesa ci dà la possibilità di fare emergere questo amore alla coscienza. E’ importante quindi accettare le sue cure, attraverso i sacramenti, in special modo Confessione e Eucarestia. A queste è necessario aggiungere almeno un po’ di preghiera personale. Essa ci aiuta a moltiplicare e investire nella vita la grazia dei sacramenti.
  • Consapevolezza: senza di questa un credente è uguale ad un ateo. Viene infatti a mancare la retta intenzione. Essere consapevoli del significato spiritualmente creativo del lavoro consente al credente di servire il Signore nel lavoro.
  • Attenzione. Il credente attraverso la consapevolezza, fa caso, nota ciò che conta di più, per separarlo da ciò che conta meno. Valorizza la Virtù e la separa dal gesto materiale in sé. E qui, spesso, c’è un grosso ostacolo. Esso consiste nella eccessiva mitizzazione di chi vive la fede con forme di vita particolari, meno nascoste della vita di fede ordinaria. In questo modo la vita cristiana viene letteralmente trasferita in un mondo dove spesso sembrano contare soprattutto i fatti straordinari: miracoli, sollevazione da terra, profezie, premonizioni, digiuni radicali e duri esercizi ascetici. Il segno di questa delega della vita di fede agli “specialisti di Dio”, consiste nella svalorizzazione di quello che si fa nella vita quotidiana. I gesti del lavoro diventano solo obblighi fatti per guadagnare, tutto viene ridotto a puro interesse materiale ed il “sale” finisce così per….perdere sapore. E’ un po’ come se il Signore avesse predisposto la santità per altri e non per noi. In poche parole, è un po’, indirettamente, una sorta di rifiuto della Provvidenza, come se il Signore non avesse predisposto anche per noi un cammino di perfezionamento. Non è così, tutti siamo chiamati alla santità.
  • Interpretazione. E’ importante non solo notare il valore dei gesti, ma anche interpretarli correttamente. Si deve apprendere a capire il senso spirituale delle azioni. Si tratta di imparare a cogliere ciò che è eterno in ciò che l’attenzione spirituale ha segnalato come importante. Si tratta, in una parola, di saper interpretare in senso cristiano, gli eventi.

Il movimento che ne deriva è un costante miglioramento. È vero che in ogni azione può esservi egoismo (su questo non siamo ingenui), per cui un po’ tutto è grigio. Né bianco né nero ma grigio. Però con il tempo e la purificazione ed il costante miglioramento, portano il senso spirituale dell’azione dal grigio scuro al grigio chiaro, e poi al bianco.

 

Conclusioni

Spesso siamo portati a svalutare ciò che facciamo e a non valorizzarne le possibilità. Come già detto il grosso rischio per il credente è quello di vivere una fede nell’immaginario. I miracoli nella vita quotidiana e nel lavoro, possiamo farli tutti. La santificazione del lavoro è già un autentico miracolo. Ma abbiamo appena iniziato a meditare il versetto del Vangelo che ci chiede di essere il sale della terra. Molto di più ci aspetta, e lo vedremo presto, perché servire il Signore è una avventura meravigliosa e piena di gioia!