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La spiritualità del servizio

 Gesù nell’ultima cena, lava i piedi agli Apostoli. Poi dà a tutti questo importante insegnamento:

“Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Giovanni 13,12-15).

E’ il momento in cui il Signore ci ricorda l’importanza del servizio. Servire. Dio ci chiama a servire. Ci sono molti modi di realizzare un servizio, e, se ci pensiamo bene, tutto può diventare servizio. Anche la preghiera. Anche l’amicizia. Certo. Ma andiamo per gradi e cominciamo dal lavoro.

Il tema è infinito. Esso si sviluppa attraverso quelle che potremmo definire tappe di un cammino, che dall’approccio più semplice ed immediato, arriva a cercare la Volontà di Dio in territori sempre più radicali e spirituali.

 

Il senso spirituale del lavoro

Quando affrontiamo il tema del lavoro in chiave cristiana, il primo passo consiste nel chiedersi: a cosa serve il lavoro?

Che domande. Il lavoro serve a mantenerci, senza pesare sugli altri, a cominciare dai nostri genitori. E poi a mantenere una famiglia. Senza un lavoro non possiamo sposarci. Tutto vero. Senza discussioni. Per vivere dobbiamo avere una certa quantità di danaro, e questo lo si trova lavorando. Bene. Ma il lavoro serve solo a questo? Un cristiano. Un credente, lavora solo per mantenersi? No. Il lavoro realizza la punizione dell’uomo dopo la cacciata dal paradiso terrestre, dei nostri progenitori. “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Genesi 3,19). Ma il Signore non punisce per diletto, o in modo distruttivo. Il dolore, la difficoltà, rappresentano uno strumento di espiazione, è vero, ma anche una purificazione. Un mezzo che permette, all’uomo ed alla donna di fede, di recuperare, almeno in parte, lo stato originario. La bellezza di Adamo ed Eva. Il lavoro è una delle cose che servono per aprirsi alla Grazia dello Spirito. E lo Spirito traccia in noi una via di salvezza. La restaurazione della condizione perduta. Dunque il lavoro nobilita la vita, e non può essere ridotto a puro sostentamento.  Accanto al suo aspetto più materiale, la fede pianta e fa crescere in noi, un virgulto spirituale, un lato meno evidente a prima vista, ma importante. Il più importante. Esso infatti concerne la vita eterna. Il guadagno serve solo alla vita nel tempo, e la sua importanza termina con la morte. La santità generata dal lavoro è per sempre. Dunque credere con Abramo significa, nel lavoro, cominciare un percorso che porta verso la maturazione in noi, del suo significato spirituale di santificazione. Questo senza sminuire o mettere da parte il suo aspetto più apparentemente concreto, di fonte di reddito. Si tratta di un viaggio interiore, tutto giocato sulla fede. Ma come iniziare o proseguire questo percorso? Vediamo.

 

Il lavoro e l’ultima cena

Il brano che abbiamo riportato sulla lavanda dei piedi, è associato, nel Vangelo, all’ultima cena. Alla istituzione dell’Eucarestia. Perché? Abbiamo visto che ci sono due modi di vivere il lavoro. Il modo prevalentemente pagano, che è quello di usarlo solo per avere una entrata di danaro. Il modo cristiano, che accanto alle esigenze materiali di sostentamento, unisce una motivazione spirituale: servire Dio ed il prossimo. Questo approccio cristiano, manifesta qualcosa di più di una semplice buona intenzione. La collocazione dell’invito a servire, proprio nell’ ultima cena è molto significativa. Ci dice una cosa importante:

il senso profondo del lavoro è rappresentato dalla Eucarestia

Per cogliere il senso di questo mistero, bisogna considerare il sacerdozio del laico. Tutti i battezzati sono chiamati ad essere sacerdoti. Naturalmente non nel senso del sacerdozio ministeriale. Quello sta al Prete. In un altro senso, specifico del laico. E ancora: non si intende nemmeno fare riferimento al “Sacerdozio Universale” così importante per i Protestanti, dove esso viene interpretato in chiave anticlericale. Facciamo invece riferimento al fatto che il laico  è chiamato da Dio ad essere sacerdote della vita che si svolge nel secolo, nella società degli uomini, come del resto ci dice la stessa Scrittura in 1Pt 2,4-6: “Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”.

Ma in che modo un laico può obbedire all’invito di San Pietro ad essere sacerdote? Semplice. Facendo esattamente quanto detto sopra: lavorando per mantenersi ed insieme per servire. Mettendo insieme materia (il guadagno e l’azione stessa del lavoro) e lo Spirito (l’intima motivazione del cuore che desidera servire Dio ed il Prossimo). Una unione di Spirito e Materia che è profezia del mondo a venire, del Regno sperato. Della nuova creazione in cui Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15,28). Un sacerdozio che viene però ripreso e sancito dal sacerdote ministeriale, quando celebra la liturgia Eucaristica. Egli offre al Padre il lavoro di tutti i parrocchiani. Lo fa coscientemente e con la dovuta intensità, offrendo il pane ed il vino frutto del lavoro dell’uomo. Pane e vino che si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo! Ecco il perché della lavanda dei piedi in occasione dell’ultima cena. Il frutto del lavoro dell’uomo diventa il corpo ed il sangue del Signore! E’ dunque l’incarnazione il segreto spirituale del lavoro del Cristiano. E’ dunque l’incarnazione il senso profondo del Sacerdozio del Laico. Del Sacerdozio del lavoro!  E’ infatti l’incarnazione del Signore la prima profetica unione di Spirito e Materia. Di Volontà umana e di Volontà divina. Dobbiamo essere grati ai Sacerdoti Ministeriali che offrono tutta la loro vita al Signore per assicurare al Popolo Liturgia e Sacramenti, e per offrire tutto il nostro lavoro al Signore.

 

Preparare i bagagli

Ma a tutto ciò non si arriva subito. Ci vuole un cammino nella fede. Prima di tutto bisogna chiarire che non si può partire senza i fondamentali: confessione, comunione e preghiera.

Non è affare scontato. E’ bene precisare, per non essere fraintesi, che l’opera di santificazione attraverso il lavoro da parte dello Spirito Santo, si compie se ….lo Spirito c’è…Quindi una partecipazione dignitosa alle liturgie domenicali, ed un altrettanto dignitoso accesso ai sacramenti, rappresenta per il viaggio che si prospetta, la preparazione dei bagagli. E senza i bagagli tutti i viaggi sono un po’ più difficili.

 

Le prime difficoltà: l’orgoglio e la pigrizia

“Non accetto questo lavoro perché non fa per me. Ho studiato per qualcosa di molto più alto. Non mi metto a fare cose del genere”. Non tutti accettano di fare la “la gavetta” per partire.  E’ vero. All’inizio è difficile fare subito un lavoro che ci appassiona, o che tolleriamo. Purtroppo la strada è fatta appunto così. Si inizia con delle difficoltà, ma poi si migliora. Il problema di molta gioventù, è appunto l’orgoglio. E’ normale. La vita sembra fatta apposta per abbassare, con gli anni, l’eccessiva stima di sé. Però ci può essere un atteggiamento apparentemente contrario, ma sostanzialmente similare. “Io ho già. Non devo cercare nulla, sono al top.  Del resto non ho altre possibilità. Va bene così. Mi fermo qui”. Oppure:” io sono in pensione. Cosa vuoi. Basta così. Ci pensino i “giovani“. L’orgoglio blocca. La pigrizia pure. Siamo disposti ad inventare una infinità di giustificazioni, pur di non fare la fatica di cercare, migliorarsi, impegnarsi. Ecco che camminare nella fede vuol dire fare un primo passo verso la santità. Lasciarsi “lavorare” dallo Spirito per divenire più umili, meno pigri, ed accettare. Accettare di fare la gavetta. Accettare di cercare. Di sforzarsi. Di impegnarsi. Di venire sconfitti, ma poi di rialzarsi. E continuare. E’ molto difficile servire con passione ed amore quando svolgiamo un’attività che ci ripugna, o che ci crea problemi. E’ possibile ma è difficile. Quindi dobbiamo cercare. Muoverci. Sperare. Lasciare come Abramo la nostra terra e andare verso nuovi territori. Andare con fiducia. E’ importante comprendere che tutto l’arco della nostra vita lavorativa e della pensione, è un continuo e perpetuo partire. Camminare nella fede. Chi scrive ha conosciuto persone che hanno impiegato 15 anni prima di trovare un lavoro davvero adatto alle loro attitudini. Altri ancora che hanno continuato a migliorarsi fino al giorno della pensione. Tra questi ricorda un uomo che raccontava il suo impegno per cambiare lavoro. La sua prima occupazione era al chiuso. Probabilmente si trattava di un lavoro di magazziniere. Ma in quegli stanzoni si sentiva soffocare. Allora cercò e trovò finalmente una possibilità diversa: fare lo stradino! Era felice! Cantava lavorando ed all’aria aperta si sentiva un altro. Ma…lo stradino è un lavoro pesantissimo. Altro che il magazziniere. Tutto il giorno con un martello pneumatico. Solo a pensarci viene il mal di testa. Eppure quest’uomo era l’immagine della felicità. Ed aveva ragione. Bisogna battersi per fare un lavoro in cui possiamo esprimere le nostre attitudini, e lavorare con amore e passione. Non esistono privilegiati.  La storia di quest’uomo ce lo dimostra. Solo un’idea pesantemente materialista spinge a pensare, che ci sia una gerarchia nei tipi di lavoro. Lo stradino felice non è un’eccezione. Tanti sono così. Basta accorgersene. Tutto è secondo la propria misura, e secondo le proprie attitudini. Dunque, accettare la difficoltà dei primi tempi, ma poi lottare ed impegnarsi per migliorare. Anche da pensionati. Perché no? Anzi da pensionati si è più liberi, e di solito meno ricattabili economicamente.

In sintesi, cercare l’umiltà e perseguirla, rappresenta un concreto sviluppo spirituale favorito dal lavoro. Soprattutto dalla sua interpretazione in chiave cristiana.

  

Conclusioni

Tutti sono chiamati come Abramo. Non esistono sistemati. Non esiste collocazione a riposo. Anche scegliere di dedicarsi solo alla Preghiera è comunque un lavoro, un impegno. Lo ripetiamo, anche i Pensionati sono attivamente coinvolti. Infatti il lavoro non riguarda solo ciò di cui ci occupiamo materialmente. Piuttosto si tratta di acquisire una attitudine del cuore. Si tratta di incamminarsi lungo un percorso di purificazione che, lentamente, ci porterà a sviluppare alcune importanti Virtù dello Spirito. Un cammino che ci farà sacerdoti del lavoro, e profeti di cieli nuovi e terre nuove.