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Nel capitolo dedicato alla Chiamata abbiamo parlato di una unica vocazione religiosa, intesa come esigenza radicale di profonda unione con Dio. Però abbiamo poi anche detto che diversi possono essere i cammini, per vivere questa chiamata.

Si potrebbe rimanere sconcertati. Perché la Vocazione è una sola? Non sono forse molte le Vocazioni? Quanto alla Santità non siamo forse tutti chiamati alla Santità?

Andiamo un paso alla volta. Cominciamo dalla seconda obbiezione. Tutti sono chiamati alla Santità, ma non tutti ad essere discepoli. Lo dice il Vangelo (Mt 8,19-20):

“Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: Maestro ti seguirò

ovunque tu vada. Gli rispose Gesù: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo.”

Mc 5, 18-19: Mentre risaliva nella barca colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con Lui. Non glielo permise,….”.  E ancora in Luca 3,10-14 (C.E.I.):

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».

A nessuno di questi ha detto: ”Seguimi” A nessuno di questi ha chiesto un discepolato radicale, uno “Stare con Lui”.

Sembra che il Vangelo sia molto chiaro: non tutti sono chiamati a seguire Gesù standogli vicino. Si tratta di una vicinanza che indica una radicalità (… non ha dove posare il capo), che viene richiesta solo ad alcuni. In questo Blog si sta parlando di questa radicalità che è quella del Discepolo.  Si sta parlando di colui che segue il Cristo come il Maestro, sentendo la necessità di lasciare tutto per Lui: ”Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26;C.E.I.).

Ma in cosa consiste questo “Seguimi”? Perché la vocazione è una sola invece di essercene molte?

Il nocciolo è quel SEGUIMI. Chi segue Gesù abbandona tutto. Per non incorrere in equivoci chiariamo però subito che la vocazione religiosa è altra cosa dal sacerdozio. Questo è molto chiaro nella Ortodossia dove la stragrande maggioranza dei monaci non è prete. Lo stesso per le donne, poiché anche nel Cattolicesimo, è ovvio che per loro una vocazione religiosa non significa diventare Prete. La cosa è meno chiara per i maschi cattolici, dal momento che da secoli tutti i religiosi o quasi, sono sacerdoti (a parte qualche monastero di punta). Chi risponde ad una vocazione religiosa cerca una forma di vita, non il ministero sacerdotale. Non stiamo quindi parlando di laici che si mettono a predicare (a parte i diaconi), o di laici e che vogliono presiedere alla liturgia Eucaristica. Questo deve essere assolutamente chiaro. Come già detto il tipo di servizio che il Signore ci chiede di sviluppare per il Regno, rappresenta infatti un MEZZO, non la vocazione in sé.

Ma come è possibile che una coppia di sposi lasci tutto? Come fa con il lavoro, con i figli?

Rispondere al “seguimi” del Signore, consiste nell’accettare di vivere quell’amore verso di Lui, che ci fa desiderare di dare a Lui tutto il cuore. Significa accettare quel bisogno di concentrazione sulle cose di Dio, che urge nel chiamato, ed è sostanzialmente l’essenza della “Chiamata”. Come? Prima di tutto stando vicino a Lui.  L’ indemoniato richiede specificamente di stare “met aftu” Cioè “Stare accanto a lui, Stare insieme a Lui, con Lui”.  A lui non lo permette, ma a noi sembra di sì. Dovremmo ringraziarlo continuamente per questo. E allora   rispondere vuol dire innanzitutto stare con Lui. Stare insieme a Lui, passare del tempo con Lui. Molto tempo. Quello che Lui ci richiede, e quello che noi possiamo dare con il nostro slancio.

Quale differenza tra laico impegnato e laico con una vocazione religiosa?

E’ un aspetto importante su cui ritorneremo. In sintesi:

il laico con vocazione religiosa sente di dare tutto se stesso a Dio. Per fare questo, se aiutato a riconoscere la propria chiamata, è portato a ordinare ogni aspetto della propria vita a Dio in modo dettagliato. Naturalmente spesso non ne è cosciente, ma se aiutato, riflette di buon grado sull’argomento, e comprende subito che questo è il modo più semplice ed immediato, per dare tutto se stesso al Signore. Esaminerà quindi con cura il lavoro, il suo stare in famiglia, il suo rapporto personale con Dio, il tempo libero etc. Tutto. E’ un po’ la versione laica del darsi una regola di vita delle comunità monastiche. Solo che qui la regola è necessariamente fatta su misura ed elastica. Charles De Foucauld, quando uscì dalla Trappa vivendo da solo in Palestina, faceva e rifaceva continuamente la sua regola di vita. Per questo motivo. Perché lo richiedeva il suo cuore. Perché questo vuol dire dedizione totale al Signore. Naturalmente non è il caso di essere rigidi.  E’ ovvio. Nel capitolo “Consapevolezza”, della sezione “I Fondamenti Pratici- principi generali”, ne riparleremo più approfonditamente.

Il “Laico impegnato” non sente invece questa esigenza.  Di fronte ad una proposta del genere reagirà proponendo di “affidarsi allo Spirito”. Sentirà soffocante esaminare i vari lati della sua vita. Riterrà più sano improvvisare. Fare “come viene”. Niente di male. Semplicemente siamo di fronte a vocazioni diverse, di pari dignità. Il laico impegnato infatti è spesso più solerte nell’aiutare in parrocchia e, nei casi più generosi, domanderà il Diaconato.  Si troverà più facilmente nei gruppi ecclesiali, dove si impegnerà  per partecipare attivamente e con passione.

 

Cominciare a rispondere

Rispondere alla Chiamata del Signore, vuol dunque dire prima di tutto curare il nostro rapporto personale con Lui. Dargli spazio, farlo vivere, intensificarlo, concentrarsi sempre più in Lui. L’amore e la fede così coltivati non tarderanno a dare i loro frutti. Avevamo l’hobby della musica? Cominceremo ad ascoltarla di meno. Tornati dal lavoro leggevamo romanzi? La lettura di questo genere comincerà a soddisfarci di meno. Per noi il film alla TV era un “must”? senza accorgercene ci dimenticheremo di vederlo. L’amore per Lui, crescendo, ci strappa dolcemente da tutto. Capiremo per esperienza diretta il Vangelo, quando dice “Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non piò essere mio discepolo” (Lc, 14,33; ma tutto il brano da 14, 25 a 14,33 è significativo). Certamente da soli o con l’aiuto di qualcuno dovremo anche tagliare qualcosa. Certamente dovremo rimuovere resistenze ed ostacoli, che impediscono il libero fluire del nostro amore per Lui. Tuttavia non è il caso che sia qualcosa di brusco, duro, eroico. Dietro manovre troppo forti si nasconde l’orgoglio. Meglio lasciarsi lavorare dalla grazia, e fare certi passi quando il salto non costituisce più per noi, una impresa eroica, o forzata. Ma scopriremo presto che il nostro lasciare tante cose per Lui è solo iniziato. Vi è un compito che il Signore ci chiede per poterlo amare davvero con tutto il cuore, e ce lo spiega Isacco di Ninive nei “Discorsi Ascetici”: abbandonare il mondo vuol dire prima di tutto combattere le proprie passioni. Sarebbe infatti troppo facile semplicemente andare in monastero. Sono molti gli aneddoti in cui chi sceglie di farsi monaco, in realtà dimostra di essere ancora nel mondo, perché schiavo di qualche passione. Lo stesso vale per gli sposati. Il nocciolo è la rinuncia a se stessi.  Lottare contro le nostre passioni   ci permetterà di entrare meglio dentro quel “Seguimi”. E’ una lotta in cui è necessario accompagnare l’opera della Grazia, per passare dal visibile all’invisibile, dal materialismo allo Spirito. Significa infatti, comprendere che il nostro perfezionamento spirituale non ha valore solo per noi, ma per tutta la Chiesa. Questo beneficio si realizza  grazie a quei legami invisibili che ci uniscono a lei. Parleremo di questi aspetti in diverse meditazioni dedicate.