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Dall’interpretazione letterale a quella spirituale

“Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.
Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sbatterà contro la pietra” (Salmo136 -LXX o 137 C.E.I.).

I versi di questo salmo ci insegnano la grande fragilità di ogni interpretazione letterale. Il nostro è un Dio che perdona e di certo non se la prende con dei bambini innocenti. Perché allora questi versetti? Perché questo gesto così ripugnante, di sbattere i bambini contro la pietra per ucciderli? Ebbene essi racchiudono il cuore della Sapienza dell’Athos.  Ogni padre spirituale ricorda al giovane monaco che a lui si riferisce, proprio questi versetti. E gli augura di afferrare i piccoli di Babilonia e di sbatterli sulla pietra. Sciogliamo dunque il mistero. L’interpretazione spirituale ci spiega che i piccoli di Babilonia sono i pensieri malvagi. In particolare i pensieri malvagi al loro spuntare nella coscienza, “appena nati”.  I logismoi. Sbatterli sulla pietra: la pietra è “La Testata d’angolo”: Matteo 21,42 (C.E.I.): ”E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?” La Pietra è Gesù stesso, ed in particolare il suo nome santo, che invocato con la preghiera, sconfigge la tentazione ed il pensiero malvagio. Riassumendo, l’interpretazione spirituale ci dice, quindi, che il monaco deve impegnarsi a scorgere subito il pensiero malvagio appena si mostra. Egli deve poi intervenire   per scacciarlo con il nome di Gesù.

 

La Nepsis o vigilanza

 Vediamo di esaminare da vicino il combattimento che ogni monaco dell’Athos si impegna ad ingaggiare, fin dai suoi primi passi di vita religiosa. Esso può essere intrapreso anche da coloro che, laici, vogliono vivere con radicalità i valori del Vangelo nel mondo.

La Prosokè o Attenzione. Dunque il primo requisito di base per la vigilanza contro i pensieri malvagi è l’Attenzione. Questo è veramente un problema di tutti, anche dei laici che vivono nel mondo. E’ un aspetto chiave che potremmo riassumere in questa sequenza: Consapevolezza -> Attenzione -> Vigilanza. Si deve essere consapevoli del proprio cammino spirituale, e nel caso dei laici, proteggerlo dagli affanni del mondo. Senza dare alla Nepsis l’importanza dovuta tutto si perde. Lo stesso cammino di preghiera si arresta e non va avanti, perché se il cuore non è puro non può “vedere” Dio (Mt 5,8). Quindi forte e chiara consapevolezza della strada da percorrere.

Attenzione (Prosokè).  Il pensiero malvagio deve restare “bambino” e non diventare “adulto”, cioè forte, quindi bisogna impegnare l’attenzione per coglierlo appena spunta nella nostra mente.  La cosa non è così semplice come sembra. Per avere l’attenzione sempre pronta a cogliere il “Logismos” è necessario infatti che il pensiero rallenti. Teofane il recluso diceva che la velocità è figlia del diavolo. E con ragione. Quando i pensieri sono veloci è difficilissimo combatterli e perfino individuarli e valutarli. Succede quando prendiamo troppo caffè o te, quando sentiamo musica molto ritmata o film d’azione, con un succedersi delle scene molto rapido. Qui sta il grande vantaggio della vita monastica. Essa imprime un ritmo lento e calmo alla vita di tutti i giorni. I pensieri allora rallentano. Un altro elemento di disturbo sono le passioni dell’anima. L’ira, il desiderio, il bisogno di lodi, la paura etc. agitano il cuore, ed imprimono alla mente eccitazione e velocità. E’ frequente notare una certa incomprensione del valore della ascesi da parte dei laici. Uno degli aspetti importanti della ascesi è appunto questo. Guarire dagli squilibri delle passioni per rendere il cuore limpido e puro. Alcuni Padri del deserto dicevano proprio questo: l’ascesi di anni permetteva loro “di vedere i pensieri da lontano”. Isacco di Ninive raccontava che l’asceta cattura i pensieri come pesci in una pozzanghera, e poi li esamina con calma. Se sono buoni li tiene se, sono cattivi li getta.

Vigilanza, Nepsis. A questo punto, individuato il pensiero malvagio lo si rende inoffensivo con la preghiera.

Nicodemo Aghiorita, ne “La battaglia invisibile”, raccomanda come dote basilare della buona “Nepsis” l’Umiltà. Egli sosteneva che dobbiamo evitare di avere troppa fiducia in noi stessi, avere tutta la speranza in Dio e credere fermamente che Egli vincerà.  La vittoria dipenderà da Lui.

 

 Le tappe della tentazione ed il combattimento

 Illustrato il tema in sintesi, entriamo ora nel dettaglio della “Battaglia Invisibile”.

A tal fine riprendiamo qui quanto detto in “Peccato e Confessione”.  Chi ha già letto questa parte ci scuserà per la ripetizione. Essa però è importante per entrare bene dentro lo Spirito dell’Athos.  Dobbiamo infatti entrare bene nel dettaglio del contatto tra anima e logismoi. Ci servirà per comprendere meglio e fare più facilmente nostra la Spiritualità dell’Athos.  Cosa succede? Come è fatto il combattimento della “Nepsis”? La tentazione entra talvolta nella sfera della coscienza umana come un impulso spontaneo. Spesso ci sfugge il suo carattere intrusivo e si confonde col peccato di pensiero. Lo si confessa, ma è una confessione sbagliata. Ne abbiamo già parlato nella parte dedicata specificamente ai logismoi.

Dopo la provocazione accade qualcos’altro.  Si entra nella fase del “disturbo”. Vi è un turbamento, si coglie ciò che è apparentemente piacevole nella tentazione, e vi è un primo pensiero di valutazione di ciò che viene proposto. Il turbamento evoca un sentimento dentro di noi che può essere di simpatia o di odio. È una fase molto importante perché il turbamento spinge verso l’adesione, all’errore, mentre in realtà questa ancora non c’è, ancora possiamo dire di no.  Anche questa circostanza si può confondere col peccato di pensiero, e si può confessare impropriamente. Infatti spesso, in questa fase, si ha il dubbio di aver aderito (il passo successivo) alla tentazione, ma non sempre è così. Non bisogna confondere il turbamento che ci provoca un pensiero, con la piena adesione. Poi viene la fase della comunione. È il momento in cui “giochiamo” con il pensiero negativo, con il logismos.  In qualche modo possiamo dire che “conversiamo” con il logismos, perché in un certo senso non sappiamo se andremo o no a realizzare ciò che il pensiero ci suggerisce. In questa fase il pensiero si “pianta” nella mente. Qui si comincia a parlare di responsabilità e scelta ed è il momento in cui la passione si risveglia, e se il pensiero non è immediatamente rigettato, vuol dire che ha trovato qualcosa di compatibile con la sua presenza, nella mente della persona. Il pensiero da “piccolo” può “ingrandirsi”, crescere, diventare appunto adulto, e scalzare ogni altro pensiero dalla mente. Se questo succede stiamo cominciando a provare un certo piacere.   Spesso esso assume l’aspetto di immagine a cui noi aderiamo. È precisamente questo il momento in cui è necessario distogliere l’attenzione dal pensiero, con lo sforzo della nostra volontà e, ancor di più, con la preghiera. È il momento in cui è necessario dire “aiuto salvami”!  Come Pietro che camminando sulle acque, comincia a sprofondare. Infatti la preghiera e soprattutto l’invocazione del nome santo, a questo punto, staccano l’immagine od il pensiero dai nostri sentimenti ed essi diventano neutri emotivamente, si potrebbe dire  ”disinnescati”, ed è più facile allontanarli. Massimo il Confessore colloca infatti l’efficacia della preghiera proprio in questa fase, perché ciò che poi spinge all’errore è proprio l’adesione emotiva, la risonanza che il pensiero ha in noi. La preghiera staccando l’immagine dal sentimento, rende il logismos privo di forza, esso non è più efficace. Diventa un film senza senso e si rimuove facilmente. Abbiamo efficacemente “sbattuto il bambino sulla pietra”. Se invece non riusciamo a rigettare l’immagine del peccato in questa fase, ecco che si passa ad un’altra condizione, quella dell’assenso.  E’ qui che il “Nous” si “imbratta”, si sporca, si oscura. La grazia perde contatto con esso. L’occhio dello spirito, divenuto opaco, non illumina più l’anima. La conseguenza più ovvia è caratterizzata da una distorsione in senso egocentrico delle attività della volontà. La persona tentata comincia ad essere disponibile ad agire. Il piacere provato di fronte all’immagine od al pensiero, diviene più intenso e la fantasia non basta più, si progetta di passare all’azione.  Con l’assenso dato dal cuore dell’uomo inizia il vero e proprio errore o peccato. Si aderisce a qualcosa di non naturale, ed in questo preciso momento la vita spirituale si spegne. Il risultato della lotta è spesso il frutto di come abbiamo reagito in passato. Se vi è un’abitudine consolidata a dire di sì, in realtà non si vuole lottare con il pensiero. Dunque il punto centrale della Nepsis sta nello scollamento tra pensiero o immagine ed emozione. Solo la Grazia è efficace in questa opera. La Grazia della preghiera, la potenza del nome santo. Ecco perché, giustamente, Nicodemo Aghiorita, sostiene la centralità dell’umiltà. Dell’abbandono confidente alla potenza del Signore. Non c’è altra strada. L’ascesi del Monaco è finalizzata a questa battaglia. Essa, come già sottolineato, rende meno intensa, depotenzia l’emozione prodotta dal logismos. Tuttavia lo scollamento finale rimane esclusiva opera del Signore.

 

Lo scopo della Nepsis

Ma quale è il fine di tutto ciò? Semplice: rendere puro il cuore. In particolare renderlo puro grazie alla trasparenza dell’occhio dello Spirito, il Nous, che è del cuore il vertice.  Al termine del periodo di purificazione la Tradizione ci consegna il fine ultimo di questa opera della grazia; la glorificazione o “Theosis”.  L’uomo intero si unisce con Dio in profondità. Anima e Corpo. E’ la santità. Ma a questo miracolo dedicheremo presto un apposito articolo. E’ importante però qui sottolineare che tutto questo percorso non serve solo al monaco che lo percorre. Il Nous purificato anche di un solo uomo, permette l’affluire della Grazia su tutta la Chiesa.  E’ un concetto oggi purtroppo un po’ perso nei paesi occidentali. La perdita della fede ha portato ad una visione materialistica del percorso cristiano, in cui trovano posto solo opere visibili. Il monaco ricorda a noi laici, che il perfezionamento di uno solo, monaco o laico che sia, contribuisce misteriosamente alla santità di tutta la Chiesa. E’, letteralmente, un servizio, un grande servizio alla Chiesa ed al mondo.