Home English EN French FR German DE Greek EL Italian IT Portuguese PT Romanian RO Serbian SR Spanish ES

Non c’è laico con una vocazione religiosa, che non ammiri la vita monastica. Che non la sogni. Che non abbia fantasticato, almeno qualche volta, di essere in una grotta nel deserto, per ripetere le imprese dei padri del monachesimo.

Chi scrive ha avuto questa esperienza 38 anni fa. Si trovava ospite di un famoso mistico e teologo, e stava leggendo le “Conferenze Spirituali” di Cassiano. Un testo monastico compilato nei primi secoli da un padre della Chiesa, ed ambientato nel deserto egiziano. Il famoso teologo, oggi in odore di santità, ebbe a dire: “…Ma a che ti serve?”. Chi scrive non ebbe, a quel tempo, sufficiente presenza di spirito per rispondere a tono, ma ricorda ancora l’episodio. Serve. Eccome se serve. Per tutta la vita sono servite letture del genere. A che cosa? Vediamo ora di rispondere al mistico in odore di santità:

  • La cultura monastica serve al laico perché lo aiuta a vivere una “atmosfera” di dedizione totale. Chi vive nella “testa”, non dà importanza a queste cose. Vive di concetti. Il resto è sentimentalismo. Chi vive o cerca di vivere nel cuore, sa che esso richiede anche (sottolineato anche) una “atmosfera”. Non è affatto di secondo piano l’atmosfera culturale e umana, in cui collochiamo la nostra ricerca di Dio.
  • La cultura monastica e la frequentazione di monaci, servono a sottolineare i “fondamentali” della vita in Cristo. L’umiltà, la misericordia, l’obbedienza, la lotta contro le passioni, la preghiera….e tanto altro. Sono tutte cose valide per ogni cristiano. La priorità che i monaci danno a questi valori, è innegabilmente educativa per i laici. Ne dobbiamo quindi essere grati.
  • La vita monastica ricorda al laico che esiste il pericolo di esaurire la propria vita spirituale in “cose che si fanno”. Il monaco riporta noi laici a considerare non solo ciò che facciamo, ma con quali intenzioni operiamo, e che non solo è importante il fare ma anche l’essere.
  • I monaci ci insegnano che il perfezionamento di uno ha come conseguenza una discesa della grazia su tutti. Essi non sono egoisti, ma svolgono il ruolo di “Occhio” che una volta puro, lascia passare la luce che illumina tutto il corpo della Chiesa (Mt 6,22).
  • Infine, proprio con quest’ultimo insegnamento, essi ci educano a comprendere che la Chiesa è un Corpo Mistico, in cui ognuno ha la sua parte. Un corpo formato da quei legami invisibili e spirituali che, generati dal Battesimo, uniscono nella Chiesa tutti i battezzati.

 

 

Il passo fondamentale: esiste l’interiorità

Ma c’è un punto in cui l’esistenza della vita monastica appare grandemente preziosa per il laico. Proviamo a scoprirlo attraverso due citazioni. Esaminiamo questo passo di san Paolo, già più volte ricordato in questo Blog:

Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito” (1Corinzi 7, 32-34; C.E.I.). Purtroppo, oggi, anche chi non si sposa e rimane nel “mondo” ha le sue afflizioni ed i suoi affanni: bollette, affitti, problemi nel lavoro, etc.

In generale, comunque, non si può non dare ragione a San Paolo. Le sue parole sono valide ancora oggi. Accostiamo ora a queste parole quelle di un famoso Padre del deserto, Abba Mosè:

“Un fratello si recò a Scete da Abba Mosè per chiedergli una parola. L’anziano gli disse:” Va, resta nella tua cella, e la tua cella ti insegnerà ogni cosa” (Alf. Mosè 6).

Cosa ci dice questo accostamento? Forse molto di più di quanto siamo capaci di dire.  Certamente possiamo proporre una interpretazione:

L’attenzione del laico che vive nel mondo è prevalentemente (ma non soltanto) orientata verso l’esterno degli affanni e delle preoccupazioni. L’attenzione del monaco è invece prevalentemente (ma non soltanto) orientata verso l’interno dei propri pensieri.

 

Il monaco impara ogni cosa stando fermo e chiuso in una stanza. E’ così, infatti, che riesce, ad accorgersi del mondo dei “pensieri” e poi a comprenderlo. Quando l’attenzione è catturata dagli affanni e dalle paure, non ci accorgiamo di cosa succede dentro di noi. O ce ne accorgiamo poco.  E’ questa la logica del “recluso”.

Molti laici sono consapevoli della importanza dei pensieri, ma…..ad un certo punto se ne dimenticano.  E’ la “sindrome” del “tira-e-molla” fra interiorità ed esteriorità, che chi vive inserito nella società degli uomini conosce bene.

 

Quindi il monaco ricorda al laico che esiste il mondo dei pensieri e lo invita a conoscerlo o a ri-conoscerlo.

 Perché? Perché dai pensieri nascono le azioni e perché i pensieri passionali bloccano l’attività dello spirito. O meglio del “Nous”, parola che nei Padri non significa sempre Intelletto.  Dedicheremo il prossimo capitolo giusto al significato spirituale di questa parola, che rappresenta letteralmente la chiave di volta che apre la spiritualità dell’Athos.

 

Il pensiero è dunque fondamentale, ed intorno ad esso svilupperemo, il seguito, un gruppo di articoli sull’Athos.

 

Articoli Correlati

LA TEOLOGIA DELL’INCARNAZIONE COME FONDAMENTO TEOLOGICO  DEL LAICO CON VOCAZIONE RELIGIOSA

https://adoratori.com/la-teologia-dellincarnazione-come-fondamento-teologico-della-vocazione-religiosa-del-laico/