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Non staremo qui a fare graduatorie  che hanno poco senso, dibattendo se prima l’umiltà o prima la consapevolezza. Diciamo che, mentre una monaca o un monaco vivono in un contesto che ricorda loro con chiarezza, tutti i giorni, quale è la loro vocazione, questo non succede affatto al laico con una vocazione religiosa.  Tutto anzi rema contro, distraendo il chiamato dal suo impegno. Bastione assoluto contro le preoccupazioni del “mondo”, è allora la consapevolezza di dover rispondere ad un appello, e di farlo con piacere e decisione. Ma come esprimere questa consapevolezza?

Distinguiamo due tipi di consapevolezza necessari.

  • La consapevolezza generale: Dio chiama e chiama ad un rapporto personale con Lui

Abbiamo affrontato in buona parte questo argomento nei capitoli dedicati ai fondamenti spirituali.  Rendersi conto di una chiamata di Dio e crederci è certamente il primo passo, assolutamente ineludibile. Resta però da specificare che questa chiamata di dedizione totale al Signore non può che alimentarsi di un rapporto personale con Lui. Il Cristianesimo, infatti, può anche attrarre, ed attrarre molto, come ideale religioso. Non è questo che intendiamo per chiamata. E’ il caso di sottolineare che il fascino per ideali di giustizia e di amore si sono spesso espressi con l’adesione ad una ideologia politica. Purtroppo troviamo inquietanti somiglianze tra questa, e certo modo di vivere il Cristianesimo. No. La chiamata di cui parliamo nasce imprescindibilmente da un Io – Tu. E’ una chiamata personale. Da Persona Divina a Persona umana. Da Maestro a Discepolo. Da Padre a Figlio. Dallo Spirito al Cuore. E’ un invito ad un ballo a due che durerà tutta la vita. Esso sarà vissuto nella comunità familiare, come in quella religiosa, come nella Parrocchia,  in una apertura amorosa agli altri. Purtuttavia partendo sempre da un rapporto personale con Dio. Questo non deve sfuggire, perché si possono fare tante belle cose e cadere, senza rendersene conto, in una forma di idealismo. E’ facilissimo. Basta trascurare la preghiera. L’abnegazione, la rinuncia a se stessi, l’altruismo, non garantiscono nulla. E’ appena il caso di ricordare che centinaia di migliaia di persone, forse milioni, si sono fatte uccidere per il socialismo od il comunismo. Centinaia di migliaia di persone hanno lasciato lavoro e famiglia per un ideale di giustizia politico. Tantissimi hanno rinunciato a ricchezze e venduto le loro proprietà per il proletariato. Tanti, tantissimi hanno passato anni, decenni e a volte tutta la vita, in prigione. Tutto questo dovrebbe suonare come monito. I disastri delle ideologie dovrebbero incutere timore ai cristiani, ed indirizzarli all’unico vero antidoto: il rapporto personale con Dio, unica e sola forma di vera fede.

 

  • La consapevolezza pratica ovvero il desiderio costante di offrire a Dio ogni cosa in ogni momento

Si tratta di passare al concreto. Alla pratica della nostra vocazione. Si tratta di procedere a quanto definito nelle conclusioni del capitolo precedente ( “Verso una nuova realtà”). Un buon strumento è ORGANIZZARE LA PROPRIA VITA, pensarla ed organizzarla. Darsi una regola di vita. Darsi un orario. Dal punto di vista pratico, dare tutto il cuore al Signore vuol dire, prima di tutto. consacrare a Lui ogni istante. Quindi TUTTO CIO’ CHE FACCIAMO DEVE AVERE UN SENSO SPECIFICO. Non basta un senso. Ci vuole un senso specificatamente legato alla nostra vocazione. Questo può risultare ostico in tre campi; Famiglia, Lavoro e Tempo Libero. Dedicheremo diversi capitoli di questo Blog proprio a questi importantissimi temi.

Per ora occupiamoci della intelaiatura generale della giornata: quando pregare, quando dedicarsi alla lettura spirituale ed allo studio, quando dedicarsi alla liturgia.

Si tratta di stabilire un orario per ogni cosa e rispettarlo. Facendo così ci inseriamo in una tradizione sia Ortodossa che Cattolica.  Nella Ortodossia, come altrove accennato, vi è per i religiosi la possibilità del modo di vivere Idioritmico, cioè secondo una regola definita dal credente, ed approvata dal Padre Spirituale. Nel Cattolicesimo si vorrebbe qui ricordare la vita di Charles De Foucauld. Monaco trappista uscì dal monastero per fare vita da solo, in Palestina prima ed in Algeria dopo. Tutta la sua vita fu un fare e rifare la propria regola di vita. Lo faceva anche in vista del possibile arrivo di compagni di vita. Sarà interessante vedere la vita di questo santo anche in merito al rapporto personale con Dio. Molti si sono soffermati sulla novità della sua Spiritualità. De Fuicauld si ispirava alla vita di Gesù a Nazareth. E’ però anche interessante notare, il bisogno di dare alla propria vita una impronta consapevolmente calibrata, ogni ora del giorno. De Focauld sembrava ossessionato dal bisogno di darsi regole di vita. Ma non era una ossessione psicologica. Era il bisogno di offrire consapevolmente tutto se stesso a Dio.

Naturalmente quando si organizza la propria vita, il difficile è poi osservare ciò che si decide. Vi sono quattro nemici della nostra consapevolezza:

  • Il “Non ho tempo”
  • Le distrazioni ed i contrattempi
  • L’eccessivo spostamento della attenzione verso l’ esterno
  • L’affannosa ricerca del “Prete Bravo”.

Il ”non ho tempo”

Il primo nemico è il più ostico ed il più difficile da battere. Non ho tempo. Nessuno ha tempo. Si enumerano allora gli impegni: il lavoro, la famiglia, la madre da assistere etc.

Infine la stanchezza. Si arriva dal lavoro stanchi ed abbiamo bisogno di distrarci. Tutto chiaro, tutto giustificato. E invece no.

Non abbiamo tempo, però lo troviamo per vedere un film alla televisione, per stare mezz’ora al telefono con un amico, per leggere un libro. Per coltivare un nostro hobby.  Cerchiamo di leggere bene il fenomeno: quando diciamo non ho tempo diciamo che occuparci del Signore, fare a Lui una telefonata piuttosto che ad altri etc. ci fa fatica. Ci piace di meno. Non ci rilassa, non ci  riposiamo. Come risolvere la situazione? Usando due strattagemmi: dare a Dio le prime ore del mattino e curando la nostra motivazione.

Naturalmente, qui stiamo comunque parlando di persone che si sentono chiamate ad un impegno radicale.

  • Pregare la mattina presto.

In questo modo, almeno una parte del nostro impegno è salva. Infatti  difficilmente possono incorrere impegni e contrattempi che ci possano coinvolgere alle 6 del mattino. Fa eccezione la cura del bambino piccolo, che può svegliarsi più volte la notte, e richiedere la nostra presenza frequentemente. Alcune volte si è facilitati dall’ età, che progressivamente richiede un minore numero di ore di sonno. Altre volte da quel tipo di insonnia che è caratterizzata da risvegli precoci. In quest’ultimo caso, se non si è troppo giovani, potrebbe essere utile non curare con ipnotici il disturbo, ma direttamente alzarsi è pregare. In genere l’organismo si abitua nel tempo e richiede meno ore di sonno. Sempre che non si tratti di dormire solo due ore. Le ore del mattino sono, per esperienza universale, le migliori. Chiunque dedichi un tempo importante all’orazione, da solo o in comunità, si organizza prima di tutto nelle prime ore del mattino, oppure durante la notte.  Dopo le prime difficoltà si scoprirà che quello è il momento più bello della giornata.

  • Lavorare sulla motivazione

Se ci si è sentiti chiamati una volta nella vita e si è provata la gioia profonda della risposta, dobbiamo considerare la discrepanza fra il rilassamento effimero dei vari “passatempi”, e la bellezza di quello che abbiamo provato. Se siamo tornati alle “…cipolle d’Egitto” è evidente che c’è una contraddizione, e l’esito di questa contraddizione è: aridità ed insoddisfazione. Sono i sintomi di una malattia spirituale, guaribile, ma malattia. Qualcosa non ha funzionato, ma non sarà possibile scoprire subito cosa. La cura, se la condizione non è troppo radicata nel tempo, consiste nel prendersi un periodo di 7-10 giorni di ritiro, in un luogo di nostra fiducia. Qui potremo riprendere le fila della nostra vita e ritrovare il piacere di stare con il Signore. Dopo la “cura d’attacco” ci vorrà un “mantenimento”: dedicare solo al Signore almeno uno-due giorni al mese. Sempre con un ritiro in un luogo adatto, e con le persone adatte.

Generalmente si ha una ripresa della motivazione che avrà solo conseguenze positive.

 

Le distrazioni ed i contrattempi

La prima distrazione e la più frequente consiste in un eccesso di investimento nel lavoro. Questo si presenta abbastanza spesso in persone con un lavoro dirigenziale, o comunque più creativo. Per esempio il medico o l’insegnante. Come già detto, questo Blog dedicherà molto spazio in alcuni capitoli, alla spiritualità del lavoro.  In quella sede esamineremo in dettaglio la questione. Qui basterà ricordare che il lavoro NON è preghiera in sé e per sé. Lo può diventare se si prega durante il lavoro, e ne parleremo a lungo. Sono stati fatti troppi danni, sdoganando una spiritualità che non ha NESSUNA radice nella tradizione cristiana, di ogni genere, Cattolica od Ortodossa che s sia. E’ facile verificare l’esattezza di quanto affermiamo constatandone i frutti. Il primo dei quali è appunto la distrazione dal nostro rapporto personale con Dio e dalla consapevolezza della nostra vocazione. La “Passione” poi aggiusta tutto razionalizzando a suo pro. NON CASCHIAMOCI. Rimedio: dare al lavoro un tot di ore al giorno punto e basta. Il punto e basta sta per una certa drasticità. Chi è sposata/o si renderà conto del beneficio che ne conseguirà, anche per la famiglia.

Un distrattore un po’ particolare è la politica. Di per sé occuparsi della Polis con spirito cristiano è una forma molto elevata di Carità. Tutto il problema sta nell’età.  Poiché essa richiede molta energia, per la gestione degli inevitabili conflitti, l’età più indicata per la politica attiva è quella giovanile. Tutti i grandi politici cristiani hanno iniziato giovanissimi. Iniziare o continuare dopo una certa età può essere indicato, per chi non si sente chiamato ad un “Seguimi”. Lo è meno per i lettori di questo Blog. Come già scritto nel capitolo dedicato alla chiamata, una certa radicalità di solito si associa ad un allontanamento dalla storia. E quindi dalla politica attiva.

Infine vi è lo straripare degli hobbies. Pesca, caccia, lettura di romanzi o altro, sport etc. A volte può essere difficile dare loro il giusto spazio. Non è detto che vadano coltivati tutti i giorni. Possiamo assegnare loro il giusto spazio il sabato e la domenica. Se ostacolano il nostro rapporto col Signore, sarà una forma di ascesi provvedere ad una loro limitazione.

Infine vi sono i contrattempi.  Se sono troppo frequenti vuol dire che non abbiamo deciso di dedicare una parte della settimana a loro. Se uno decide di gestire bollettini postali, banca, multe, visite mediche etc. in determinate ore della settimana a loro assegnate, avrà lo stesso contrattempi, ma il loro impatto distruttivo sarà molto meno importante.

 

L’eccessivo spostamento della attenzione verso l’esterno

In questi casi l’attenzione spirituale si concentra su cose buone e positive, ma eccessivamente sbilanciate verso l’esterno. Ciò avviene perché si identifica l’agire per il regno, soltanto nel servizio e nel volontariato. E’ il classico inaridimento per troppo “fare”, molto comune negli ordini religiosi, ed in certi attivisti parrocchiali. Un po’ tutti abbiamo vissuto questa tendenza, soprattutto da giovani, e non è il caso quindi di fare il Pierino. Ricordiamoci allora del detto: “Bada a te stesso!”. E’ chiaro come il sole che il servizio va equilibrato col perfezionamento di se stessi. Organizzare, nella consapevolezza, la propria vita, ne è il primo passo, assolutamente da non trascurare.

 

L’affannosa ricerca del “Prete o del monaco Bravo”.

Matteo 23,8-10: “Ma voi non fatevi chiamare rabbi perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “Padre” sulla terra perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E  non fatevi chiamare “maestri” perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo “. Parole del Vangelo del tutto inascoltate e poco citate, almeno da alcuni. “Chi mi potrà guidare?” si sente spesso dire. La ricerca di una Guida e la nostalgia umana del “Maestro” è in certe persone implacabile. Giustamente si ha paura di sbagliare, ma la soluzione difficilmente sarà il Direttore, la guida, il Maestro di Spirito.  Si cerca il “Padre Spirituale” si dice….ma lo è davvero? Davvero quello che talvolta cerchiamo è il Padre Spirituale, in accordo con la tradizione dei Padri della Chiesa?  Se guardiamo ai Padri del Deserto, i primi a parlare di un Padre Spirituale, vediamo che colui che essi cercano è una persona cui sottoporre i pensieri. “Abba, ho avuto un pensiero…” “Abba i pensieri mi dicono…”.  Si cerca il monaco esperto per vivergli accanto e sottoporgli i pensieri. La domanda all’Abba è la seguente: ”Vengonoda destra o da sinistra? Vengono da Dio o dal Diavolo?”  Dunque si tratta di una RICHIESTA DI DISCERNIMENTO”. Così il monaco giovane impara a combattere contro i pensieri malvagi, per acquisire la purezza del cuore e con il tempo, impratichitosi, diverrà a sua volta un anziano, in grado di aiutare un giovane.  I canoni della Chiesa Ortodossa  sanciscono questa pratica laddove affermano che qualora il Padre Spirituale riconosca di non essere capace di fare un certo discernimento, lo si può cambiare. Forse è un po’ troppo forte dire che raramente questa è l’intenzione di chi cerca un Padre Spirituale .Ma ci andiamo vicini. Si cerca molto spesso (non sempre) quello che ti dice cosa fare, o il maestro che ti dice come pregare più efficacemente, magari senza distrazioni. Soprattutto quello che ti consiglia su come affrontare i problemi della vita.  Un Maestro insomma oppure il carismatico:” Tu vai qui, tu invece vai là…”. Quest’ultimo è molto gettonato, e si arriva a situazioni che hanno dell’umoristico: si telefona al Padre Spirituale per sapere di quale marca comprare la lavatrice. Sono rimasti nella storia i viaggi dei tessili di Prato da Padre Pio, per sapere quale colore sarebbe andato di moda quell’anno (e fare così un sacco di soldi). Non è superfluo descrivere queste punte estreme, perché invece esprimono chiaramente un atteggiamento. L’aspetto dannoso di questa mentalità è la tendenza del laico a DELEGARE LA VITA SPIRITUALE AD UN RELIGIOSO.   Nel Cattolicesimo si trova per esempio la figura del “Direttore Spirituale”. Si parla correntemente di “Dirigere le anime”… Naturalmente non si sta parlando qui, del rifiuto fanatico di ogni intermediario, operato dalle comunità protestanti. Da questo ci dissociamo fermamente. Si tratta di stare attenti a non delegare la vita di fede ai religiosi, monaci o preti che siano.  La prova provata di questa mentalità, sta nel fatto che se un prete parla spesso del Signore è uno “che ci crede davvero” o forse un santo, se lo fa un laico è un fanatico. Il laico  deve andare a messa etc. ma poi anche alla partita, avere una bella macchina, la casa in campagna etc. “Io sono contrario ai monaci nel mondo…” Quante volte abbiamo sentito dire questa frase infelice…Frase che specifica bene i ruoli: gli specialisti di Dio sono i Preti, le Monache i Monaci etc.” . I laici devono stare al loro posto. Essi non devono invadere il campo e soprattutto devono  DELEGARE AGLI SPECIALISTI TUTTO CIO’ CHE RIGUARDA LA SPIRITUALITA’ E LA RICERCA DI DIO. Da qui nasce la possibile distrazione, per il laico con una vocazione religiosa: interpretare al minimo la propria vocazione immaginando che la vera vocazione l’abbiano solo preti e monaci/che. Se si instaura questa mentalità, e non si accetta di prenderci le nostre responsabilità, addio consapevolezza, e addio organizzazione della giornata. Quindi Padre Spirituale si ma solo finalizzato al discernimento e poi prendersi  le proprie responsabilità.