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“Medico cura te stesso “(Luca 4,23). Questo il punto di partenza per un laico con vocazione religiosa, che intende dedicarsi all’apostolato individuale. La necessità è quella di lasciar entrare, nel nostro cuore, l’azione dello Spirito Santo. Il predicatore ce lo raccomanda dal pulpito, ma poi tutti si chiedono: “ Che ignifica nella mia vita aprire le porte al Signore”? Enunciare principi generali è facile, adattarli e farli fruttare nella nostra vita, un po’ meno. Abbiamo già diffusamente parlato di svariati aspetti, di quello che può essere l’impegno religioso, radicale di un laico. In questo capitolo affronteremo il tema della ascesi, che mira specificamente a “….lasciar entrare” lo Spirito e ri-orientare il desiderio.

Vi sono diversi livelli di ascesi. I primi possono apparire estranei al concetto tradizionale di ascesi.

Al primo livello troviamo la necessità del riposo. Il riposo non è solo un diritto, ma un dovere. Se dopo un lavoro faticoso ci impegniamo, per generosità, in un’opera di volontariato potrebbe esserci un rischio: tornare a casa e scaricare la tensione accumulata sui familiari. Allora la nostra carità è una illusione. Vedremo in un capitolo specifico come il tempo libero possa essere impiegato costruttivamente   e lo faremo nel dettaglio. Qui cercheremo di raccomandare il punto base, quello essenziale: il tempo libero ci deve essere. Non è egoismo riposarsi, non è egoismo cercare di riassestare il proprio equilibrio dopo il servizio del lavoro.  Va poi sottolineato che il primo volontariato è nel lavoro e nella famiglia. I problemi nascono quando vi sono condizioni familiari o lavorative che ostacolano il riposo. Ecco che battersi per risolvere il problema, diventa vera e propria ascesi. Non sempre, per esempio, è indispensabile fare straordinari. Non sempre curare la famiglia significa diventare degli accentratori, o, peggio ancora, incastrarsi in un mutuo che ci costringe a lavorare fuori misura. Spesso ci si casca per dare alla famiglia una casa. Si tratta del classico inganno perpetrato dal nemico, presentando un falso bene.

Il principio generale potrebbe essere il seguente: curare con molta attenzione la propria pace ed il proprio equilibrio: “Cerca la pace e perseguila” (Sal 33,15).

Un secondo livello di ascesi riguarda la valutazione del nostro umore. Questo è un aspetto veramente trascurato, ma essenziale. Se ci si alza la mattina con la tendenza a rimuginare sulle cose che gli altri sbagliano, sulle cose che non vanno, o sulle offese ricevute. Se ci si sveglia la mattina preoccupati per il peso della giornata, allora dobbiamo domandarci se il nostro umore è davvero a posto come crediamo. Senza affrontare questo problema, ci ritroveremo a combattere battaglie perdenti contro la nostra irritabilità. No non si può risolvere tutto con la scusa della debolezza umana (per poi scaricarla sugli altri). Se siamo in queste condizioni  forse non siamo depressi in senso “medico”, ma tendiamo,   senza accorgercene, verso una malinconia distruttiva che va superata. Dobbiamo provare a far si di svegliarci il più possibile contenti. Come si addice al cristiano, fra l’altro. Quindi questo possibile livello di ascesi consiste   nel riformare la nostra vita per recuperare la gioia.  Per certi aspetti non c’è bisogno di aggiungere altro perché le condizioni che generano tristezza ed insoddisfazione, sono innumerevoli, ed ognuno vive la propria.  Non è un compito facile. Merita il termine, appunto, di ascesi. Per cambiare lavoro bisogna infatti impegnarsi, e battere la pigrizia. Per non fare straordinari, e vivere una vita meno opprimente, bisogna saper rinunciare ad alcune spese. Per ridurre certe tensioni famigliari, bisogna superare la chiusura e decidere di parlare e condividere, etc. Per assicurare il giusto tempo al nostro rapporto personale con Dio, dobbiamo poterci organizzare. Naturalmente, quando si parla di vera e propria angoscia, bisogna rivolgersi ad un esperto, possibilmente credente.

Per trovare un terzo livello di ascesi dobbiamo cominciare ad avere una certa conoscenza di noi stessi. Si può partire dalle cose più evidenti, come eccessi nel bere, l’abitudine al fumo di sigarette o il sovrappeso dovuto alla dieta disordinata.  Vi sono corsi per smettere di fumare. Sono interessanti perché aiutano a comprendere che bisogna mettersi nelle condizioni di poterlo fare, e non buttarsi a casaccio. Lo stesso discorso vale per cibo ed alcool. In genere, però, certi difetti hanno a che fare con le nostre passioni. Spesso con l’avidità e la gola, ma anche con l’avarizia. Altre volte è necessario mettere in luce il proprio temperamento collerico e combatterlo.  Altri hanno a che fare col problema della pigrizia. Affronteremo questi aspetti in una apposita sezione. Anche qui è necessaria una strategia ben precisa che integri la preghiera. In un ulteriore livello di conoscenza di se stessi, potremmo cominciare a renderci conto che le passioni che ci agitano, tendono a modificare il pensiero. Questa è una tappa molto importante perché molti si accorgono di essere golosi, ma pochi collegano la gola con la eccessiva curiosità o il bisogno continuo di fare viaggi. Molti si rendono conto di essere avari, ma pochi collegano l’avarizia alla poca disponibilità a condividere i sentimenti. L’avaro non si fa coinvolgere dagli altri,  e tende eccessivamente alla vita solitaria.  Come già accennato, tutti questi aspetti saranno trattati in dettaglio ma ora importa sottolineare che certa “ascesi” come digiuni, veglie etc., per quanto utilissima, è solo il punto di partenza senza superare il quale il nostro cammino rischia di generare una sottile insoddisfazione. Giusto per fare una piccola anticipazione, quando ci rendiamo conto di come il nostro pensiero si è modificato, a causa di una passione prevalente, un primo provvedimento potrebbe essere quello di ri-orientare la passione che ci tormenta. Per esempio la curiosità vana, che conduce a scorrazzare in rete in cerca di notizie eccitanti, potrebbe essere disciplinata dallo studio. In questo modo viene orientata correttamente verso una conoscenza utile.  Infatti, in fondo, le passioni servono all’uomo. Ma servono quando sono correttamente ordinate. Il disastro avviene quando la tendenza a centrarsi su sé  stessi porta al loro disordine.

Un ulteriore passo avanti lo potremo compiere quando collocheremo le passioni disordinate, e le loro conseguenze mentali, al giusto posto: esse riguardano il temperamento.  Vi è un modo di dire popolare che suggerisce:” Non facciamoci troppo prendere dal nostro temperamento, e tiriamo fuori il carattere”. Oppure “Il tale è un uomo di carattere”. Vi è una sapienza nascosta in queste parole. Infatti il temperamento è costituito dal nostro modo di organizzare mentalmente la vita, per gestire l’emozione o passione che proviamo più spesso. Secondo la medicina esso è innato ed ereditario. Dunque il complesso passioni più pensiero passionale, NON forma una personalità (come dice chi segue l’enneagramma, vedi “ Carattere e Nevrosi” di Claudio Naranjo, Ed. Astrolabio). Nemmeno costituisce un “Io dominante” come sostengono i mistici islamici  (vedi il testo “L’Io che comanda” di Idries Shah, Ubaldini Editore).  Infatti gli psichiatri ben sanno che la personalità NON è formata dal solo temperamento, ma da questo (ereditario) più il Carattere (acquisito con l’educazione). L’educazione, sia umana che “Spirituale”, modera il temperamento. Quindi si tratterà di capire, di fronte agli spigoli del nostro temperamento, come  lo Spirito ha agito in noi nei momenti di conversione. Per esempio chi tende a  cercare in modo esagerato compagnia impegnandosi in troppe conversazioni, potrebbe essere stato condotto sulla strada della solitudine e del silenzio. Così facendo, magari, ha scoperto una gioia spirituale inaspettata. Un avaro può aver finalmente ritrovato la gioia nel fare una grossa elemosina e nell’intraprendere una impegnativa amicizia spirituale, etc.. Si tratta di favorire un modo di essere di provato valore per noi. Non serve rampognarsi continuamente. Si tratta di favorire il progetto divino in noi. Esso consiste nello sviluppare quegli attributi spirituali come Misericordia, Umiltà, Semplicità etc., che tra i tanti ci sono stati assegnati da vivere. E’ così che ci avvicineremo alla nostra guarigione interiore. Naturalmente su tutti questi temi avremo modo di approfondire il discorso, e la condivisione in capitoli successivi.  Accenneremo qui infine all’ultimo passo. Quello della umiltà perfetta, che ci porta a dimenticare noi stesi per pensare soltanto a Dio. Cosa che però si può raggiungere solo dopo un lungo cammino.