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L’insegnamento di San Paolo

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; (Romani 12,14-16). Questo è uno dei passi più belli delle lettere di San Paolo, perché ci insegna che l’Amore con la A maiuscola, la Carità dono dello Spirito, si nutre della partecipazione. Si nutre della unità. Con chi? Tra di noi. In questi versetti meravigliosi l’Apostolo ci insegna una cosa fondamentale: si giunge ad un Amore più profondo se invece di cose o soldi diamo noi stessi. Ecco cosa vuol dire rivestirsi di Cristo: dare come Lui sé stessi. Ma cosa vuol dire partecipare? Cosa vuol dire avere gli stessi sentimenti? E poi quando, in che occasioni? Come? A vedere bene San Paolo lancia una sfida dai molti risvolti, che sembra crescere in complessità anche solo a “guardarla”. Proviamo a dipanare la matassa.

 

Le dimensioni della partecipazione

Certo, per prima cosa pensiamo agli amici. Il dolore di fronte ad una grave malattia di qualcuno che si confida al telefono. Oppure la gioia per il figlio che ha trovato lavoro. Su tutto ciò non serve spendere tante parole. Diciamo che va da sé.

Meno scontata è la partecipazione ai temi sociali. Meno scontata perché a volte li si vede o si cerca di vederli come “al di fuori” di ogni ricerca spirituale. Molti monaci e preti, tendono addirittura a sconsigliare ogni interessamento circa la politica, amministrativa (comuni etc.) e non (Parlamento etc.). Poi però ci si lamenta se vengono approvate leggi anti-cristiane. Una evidente contraddizione. No. Tutto riguarda il cristiano. TUTTO. Perché dovremmo commuoverci per il pianto dell’amica nei guai, e rimanere freddi di fronte al povero, nella disperazione perché senza casa? Invece proprio qui sta un punto dolente: l’indifferenza. Si quella indifferenza che si concentra solo nello star noi bene, di certo non piace al Maestro. L’attenzione, l’attenzione agli altri, è frutto dello Spirito. Non possiamo rimanere indifferenti a vedere gente buttata per strada su un materasso. Talvolta con bambini. Guardare con attenzione alla società, alla sua fame di Giustizia, è una vera beatitudine:

“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Matteo 5,6). La giustizia consiste in una ricerca di armonia là dove questa viene a mancare. Nella povertà generata dall’egoismo e dalla sopraffazione, questa armonia viene perduta. E se il cristiano agisce con sincerità, la sua fame e la sua sete saranno saziate. Dunque tutto ci riguarda!

 

Dare sé stessi nella amicizia

 Non viene catalogata come volontariato e pertanto viene snobbata, ma l’amicizia è il cuore pulsante della carità. Eppure ci sono tante persone sole! Molte di queste non hanno nessun bisogno di danaro, ma di presenze. Essere accanto. Ascoltare. Ascoltare con attenzione. Comunicare serenità, pace e la gioia dello Spirito. Ecco l’amicizia. Dare soldi o vestiti può comunicare condiscendenza. Addirittura può dare l’impressione di una certa superiorità. Non è raro per questo l’odio di chi riceve. Ma nessuno si lamenterà mai di un buon amico, disposto ad ascoltare. L’amicizia restituisce il senso profondo del dar sé stessi. La propria presenza. La propria attenzione. Il proprio tempo. Esserci. Partecipare. Sentire. Sentire nel profondo e vivere gli stessi sentimenti, anche se dolorosi. Quante persone aspettano con ansia la visita del solo amico che le viene a trovare. Eppure….Eppure tutto ciò ci sfugge. Un gesto di accoglienza, un abbraccio caloroso, una domanda rivolta con concentrazione. Stai dando te stesso ad un altro. Lo fai sentire meno solo. Diventi partecipe del suo tempo. Del suo momento. Del suo bisogno di un Altro con la A maiuscola che in quel momento tu gli comunichi, gli fai presente. Basta la presenza. La sola presenza, e l’attenzione. Sulla attenzione si sviluppa il registro dell’Amore. L’energia spirituale dell’Amore sembra servirsi della concentrazione. Come se attraverso l’attenzione passasse qualcosa che va oltre la nostra persona. Essa sembra essere il nocciolo della partecipazione.

 

Se vuoi diventare misericordioso fuggi gli uomini”!

Sant’Isacco di Ninive così dice nei suoi “Discorsi ascetici”. Apparentemente un vero controsenso. Ma dove sta la compassione caro Sant’Isacco? Non dovresti consigliare il contrario. Dovremmo semmai frequentare gli uomini per imparare. Già. Ma sarebbe tutto molto umano. Troppo umano. Quanto è salutare invece imitare il Maestro e fuggire ogni tanto nel deserto, come faceva Lui e come Lui ci ha insegnato. “Riempirsi”….nella solitudine….nel silenzio. È possibile. È possibile anche in casa, anche in famiglia, anche se il nostro piccolo urla perché vuole un bicchiere d’acqua. Rubiamo un’ora, un’ora sola al nostro sonno o al film della sera. Andiamo magari a letto prima e all’alba….prediamoci un’ora di deserto tutta per noi. Per noi e per Lui. Mettiamoci ai suoi piedi come Maria la sorella di Lazzaro. Piangiamo ai piedi del Divin Maestro, e chiediamo. Supplichiamo la grazia della vera compassione. Nel silenzio un dialogo ineffabile ci travolgerà. Ricordiamo davanti a Lui i nostri amici, i nostri fratelli, tutti coloro che portiamo nel cuore. E con intensa partecipazione imploriamo, chiediamo, supplichiamo la Grazia per loro. Per la loro guarigione, per il loro lavoro, per la loro famiglia. Il ricordo compassionevole delle confidenze dei nostri amici, starà tutto lì. Ai piedi del Maestro, insieme con le nostre suppliche, rese ali dorate dal nostro sentimento, dalla nostra partecipazione, dalla nostra compassione. Ecco! Ecco la misericordia! Una misericordia invisibile ma calda della nostra commozione, delle nostre lacrime. Ora! ….Ora! Ora è il momento della vera partecipazione! Del nostro Esserci. Della nostra attenzione!

 

Conclusioni

Che Meraviglia! Quale mondo ci fa scoprire la partecipazione, la compassione, la misericordia. Dare noi stessi, perdere l’indifferenza! Ecco un miracolo dello Spirito, qui… tra noi. Nel nostro cuore.