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Sant’ Omobono fu il primo Santo non nobile canonizzato dalla Chiesa Cattolica nel Medioevo.

La sua esistenza storica è ben attestata dalla Chronica Universalis di Steardo da Cremona.  Sant’Omobono morì nel 1197 ma fu canonizzato solo due anni dopo dalla bolla papale Quia Pietas” del 12 Gennaio del 1199. La dettagliata relazione che di lui fece al papa Innocenzo III il Vescovo di Cremona, Steardo è purtroppo andata perduta, ma la bolla papale risulta abbastanza informativa.  Morì ad 80 anni e dunque doveva essere nato a Cremona, nel 1117. Apparteneva alla famiglia dei Tiucenghi, che faceva parte del Popolo”, termine che nel Medioevo era riservato alla media Borghesia.  Omobono dei Tiucenghi non era un esempio di povertà. Non è diventato santo vivendo in una grotta, o mangiando una pagnotta alla settimana. Viveva in una casa di proprietà, ereditata dal padre da cui aveva ricevuto anche terre e vigneti, che faceva lavorare a vari braccianti. Omobono continuò la tradizione familiare anche nel lavoro: era sarto, confezionava e vendeva vestiti. Assicurava così alla famiglia un buon introito. Prese moglie ed ebbe numerosi figli, di cui però

non conosciamo il nome, eccetto di uno. La cosa veramente interessante, è che sia la moglie che i figli ostacolarono la sua vocazione.  Una condizione in cui molti oggi potrebbero riconoscersi.  Dunque veramente qualcosa di talmente ordinario, da esserlo anche per i tempi moderni.  A circa Cinquanta anni Omobono si convertì. Sospese gli affari più promettenti, in particolare quelli che lo promuovevano commerciante internazionale, per darsi alle opere di Carità. Possiamo immaginare perché la moglie si fosse tanto stizzita. Le circostanze della sua conversione sono singolari: dopo aver incassato e maneggiato una forte somma di denaro, vide all’improvviso le mani diventare nere. Tentò di lavarle, ma il colore nero restava. Si precipitò da un religioso, il quale gli ricordò quel passo del Vangelo in cui Gesù chiede di dare tutti i beni ai poveri. Questo lo colpì fortemente, anche perché a quel tempo la Chiesa vedeva con sospetto la professione di mercante. Non era infatti ancora chiara la distinzione tra commerciante e usuraio. La sua vita si fece sempre più devota. Il suo curato e confessore, Osberto, testimoniò davanti ad Innocenzo III tutto il suo fervore. Si alzava all’alba per andare in chiesa a pregare. Restava a lungo in contemplazione davanti al crocifisso attendendo la prima messa mattutina. Come sentiamo vicino questo santo! Dinanzi a Lui spariscono tutte le differenze tra le Chiese. Cosa faceva per prima cosa? Pregava e restava a lungo in contemplazione. Da solo. Da solo a solo con Dio.

Lo ripetiamo: quale era la prima cosa che faceva nella giornata, appena scoccata l’ora dell’alba? Diceva le lodi? Recitava il breviario? No. Coltivava in silenzio il suo rapporto personale con Dio.  Il segreto della fede e della santità. Stava a lungo in contemplazione.

Poi riceveva l’Eucarestia. Altro punto fermo. I sacramenti. Preghiera ed Eucarestia. E morì così. La Divina Provvidenza ha voluto che morisse pregando davanti al Crocifisso. Se ne accorsero, perché, iniziata la Messa non si alzò per il Vangelo! Ma ciò che lo rese famoso fu la proverbiale generosità. Finita la messa infatti si prodigava per i poveri e gli ammalati. La sua casa era divenuta una specie di ospedale. Provvedeva anche alla sepoltura dei cadaveri abbandonati. La famiglia vedeva spendere il suo patrimonio, e naturalmente cercava di ostacolarlo. Era così famoso per la sua generosità che fu chiamato “Il Padre dei Peveri”. Non risulta avesse emesso alcun tipo di voto. Non era un appartenente (a quanto sappiamo) di alcuna organizzazione ecclesiale.  Quando morì una grande folla si radunò per il funerale e davanti alla sua tomba accaddero molteplici miracoli.  Il clamore di questi eventi fu tale che il Vescovo Steardo, dopo aver raccolto le testimonianze, si precipitò a Roma insieme con il suo confessore e parroco Osberto Egli   chiese la bolla che ne dichiarasse la santità. Così fu, come abbiamo detto, nel Gennaio del 1199. Sant’Omobono non è venerato solo a Cremona. A Pisa, per esempio, esiste una piazza dedicata a Lui.

 

Bibliografia

Andrè Vauchez, I laici nel Medioevo.  Il Saggiatore edizioni (1987).