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Chi legge per passione o per diporto un libro di spiritualità cristiana, magari i detti dei Padri del Deserto, o le Conferenze Spirituali di Cassiano, scoprirà che spesso, al primo posto nel cammino di fede viene messa l’umiltà.  Vi sono delle ottime ragioni che condividiamo. Tuttavia quando si parla di Laici, le cose potrebbero non stare così. Soprattutto se si tratta di laici che si sentono chiamati ad un “Seguimi “. L’esperienza di chi scrive racconta di anni di dispersione ed indecisione. Condizioni che possono minare alla base anche quello che potenzialmente sembra un bel cammino. Ci si sente obbligati a fare una piccola modifica: Si al Primo Posto mettiamo l’Umiltà, ma è necessario subito prima mettere la Consapevolezza. Non si va avanti se non ci si rende conto che siamo chiamati. Si è vinti dalle distrazioni se vige l’indecisione, il dubbio. Siamo travolti dalle preoccupazioni del mondo. Quelle ricordate da San Paolo. Ci disorientiamo, se non abbiamo una profonda e sicura consapevolezza che il Signore ci chiama.  Il laico non è nelle stesse condizioni del Monaco. Per questi abbondanti segni esterni, chiariscono in partenza che vive in un monastero, ed è lì per qualcosa. Il laico se ne deve rendere conto. Questo perché non ha segni esterni che lo aiutano a riconoscersi.  Quindi ribadiamo: Consapevolezza: Sapere di essere chiamati, e sapere di avere la responsabilità di rispondere.

Va detto subito, che questo è il primo scoglio nel cammino religioso del laico. I casi specifici degli sposati, di chi vive da solo e di chi ha saggiato, senza esito, la vita religiosa in una comunità, saranno trattati specificamente. Qui basterà sottolineare il principio generale: spesso non ci si accorge. Talvolta ci si rifiuta di crederlo.  Si enumerano i fallimenti, corredati da ragionamenti apparentemente inoppugnabili. Ci si abbandona allora alla aridità, ed alla tristezza. Ma qualunque cosa si sia combinato.  Qualsiasi sia la nostra attuale condizione. Se un tempo, vicino o lontano, c’è stato un appello di Dio. Se in fondo al nostro cuore c’è nostalgia di Lui. Se siamo desiderosi di essere tutti per Lui, allora dobbiamo come il figliol prodigo “Tornare in noi stessi”. Pena l’infelicità.

Cosa succede se ci disperdiamo?

Quando la Chiamata viene negata o trascurata, si insinua nella nostra vita un inevitabile senso di insoddisfazione: qualcosa manca. La psichiatria ci insegna che la mancanza, la perdita, viene vissuta con il sentimento della Tristezza. Non si tratta certo di una depressione clinica, ma una sottile malinconia. A volte non la sappiamo neanche vedere e riconoscere. Essa però condiziona la nostra vita. Se ci chiedono come stiamo, diciamo bene. Ma poi enumeriamo all’interlocutore una serie di guai, tutti plausibili: il bicchiere è per noi, sempre mezzo vuoto. Ma non ce ne accorgiamo. Le conseguenze sono in realtà notevoli. La nostra vita viene vissuta a metà. Questo ci rende infelici senza sapere il perché. Siamo convinti anzi di stare bene, magari di essere in forma. Qualcuno sviluppa anche qualche disturbo psicosomatico: Cefalea, colite, ipertensione, etc.. Si manifesta una certa irritabilità. Questo Blog è fatto per  tutte queste persone. Aiutare almeno qualcuno a rendersi conto di avere una vocazione religiosa, sia pure come laico. Aiutarlo anche a crederci ed a viverla.