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Introduzione

Vediamo Giovanni 3, 14-18:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.  Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.  Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.

Il Vangelo è molto chiaro. La Buona Novella è l’annuncio di una Persona. E’ l’annuncio che è arrivato il Salvatore, il figlio di Dio che morendo sulla croce, e risorgendo per noi, ci ha liberato dalle conseguenze del Peccato Originale. I Padri della Chiesa dicevano: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio. E’ il Dio Incarnato che esenta se stesso in Giovanni 14, 6-11:

“Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Nessuno arriva al Padre se non per mezzo di Gesù Cristo. Non c’è modo migliore di parlare del Vangelo che usare il Vangelo stesso. In esso tutto ruota intorno alla figura di Gesù. Non c’è un solo rigo nei 4 Vangeli che non si riferisca a Gesù. E questo perché Gesù è il Signore, e ci chiede di credere il Lui, ma non solo. Ci chiede di seguirlo (Marco 10,21)  : Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ci chiede di avere SOLO LUI come Maestro (Matteo 23, 8-10):

“Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.  E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.  E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.” Ci chiede di ascoltare il suo insegnamento e di metterlo in pratica in Matteo 11, 29-30:” Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.  Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.  Ci chiede di riconoscerlo in Matteo 16,15-17: “Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».  Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E  ci chiede di amarLo in Giovanni 21,15:

“Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Ed è infine nel Suo Battesimo che il Dio degli Ebrei si rivela Trinitario: Padre Figlio e Spirito Santo, in Matteo 3, 16-17: “Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”.

Dunque una fede semplice, quella Cristiana, chiara, con un solo Maestro ed un solo Salvatore a cui guardare sempre. Ma le cose invece si sono andate a complicare.

C’ è una modalità che si potrebbe dire escatologica, con cui, nei tempi moderni, si realizza un sistematico indebolimento di questa fede. Vi è evidente una strategia globale: allontanare il più possibile l’Umanità dal Salvatore. Prima di tutto con una serie di false credenze, che allontanino quante più persone possibile dal credere in un Dio Personale e Creatore. Quindi Ateismo, Agnosticismo, Panteismo. E quando questa strategia non riesce? Sembra che tutto converga affinché   chi non cede all’ateismo o all’agnosticismo, pur rimanendo in una generica adesione al cristianesimo, si distolga dal guardare al Salvatore. Tolga lo sguardo dal Figlio di Dio e Unico Redentore. In questo modo lo scopo è ottenuto, in fondo, lo stesso. I potenziali fedeli sembra che non debbano concentrarsi su colui che è stato innalzato come il serpente di rame di Mosè. In che modo? Con il contrasto, acuto quanto sottile, a tutto ciò che interpreta la fede come rapporto con Dio. Rapporto della chiesa come corpo, con il suo capo. Rapporto personale, di ogni singolo membro della Chiesa, con il Signore Gesù Cristo. L’attacco è tanto più pericoloso perché sottile, camuffato. Esso si manifesta in vario modo.

  • La trasformazione della fede in Gesù Cristo in una morale sociale. Questo modo di vivere il Cristianesimo è largamente diffuso. La sua genesi è multifattoriale e forse molto complessa. Si pensa quindi non sia il caso di insistere in questa sede nell’enumerare tutti i fattori coinvolti. Crediamo però importante saper riconoscere questa modalità di accostarsi alla fede, e se possibile, proporre un correttivo. Sembra che tutto cominci con uno slittamento cruciale quanto impercettibile: si passa dalla centralità della figura del Salvatore alla centralità di ciò che il Salvatore dice. Diminuisce l’importanza del Vangelo come rivelazione dell’incarnazione del Figlio di Dio. Parallelamente si dà enfasi a ciò che il Messia dice.  Ovviamente di per sé non ci sarebbe nulla di strano. Ma in realtà si ha uno spostamento fondamentale, perché sbilanciato. Questo sbilanciamento si realizza gradualmente anche usando la stessa Dottrina esposta dal Messia. Il passo successivo, infatti, consiste nel “sentire” più importanti certe frasi anziché altre. Alcune parti del Vangelo piuttosto che altre. Piano piano conta meno la fede nel Salvatore, e di più quello che “dobbiamo fare”. L’attenzione del fedele, in questo processo, passa dall’incontro col Cristo, dal riconoscimento del Messia, dal dialogo col Figlio di Dio (se mai c’è stato), alla prevalente osservanza dei suoi precetti.  Una prova? Semplice: non sempre, ma molte volte, quando si chiede a qualcuno che segue questo percorso, quale è il fine della vita cristiana, risponderà: “Rispettare i Comandamenti”.  Domina ciò che si deve fare. Domina l’identificazione della fede con una “Ferma Convinzione”. Nella conversazione, non è raro sentir parlare dell’”Idea di Dio”. L’accento viene quasi sempre posto sulle “cose che si fanno”, seguendo varie possibili direzioni. Infatti vengono di volta in volta associate alle Parole del Vangelo dottrine sociali, o filosofie che, a prima vista, sembrano affini. Compiuto infatti il passo dalla Persona al contenuto, il trapasso verso una Dottrina o sistema di idee, è quasi automatico. La Fede assume allora l’aspetto di un santo ideale d’amore per gli altri.  Uno degli ideali  oggi maggioritario in certi ambienti, sottolinea l’importanza della povertà, la condanna del consumismo e la necessità di una giustizia sociale. Diffusa è la pratica del volontariato e “l’andata ai poveri”. Non manca chi si orienta nella direzione opposta, vivendo la Fede nel suo carattere identitario ed etnico. Dio, Patria e Famiglia, recita uno slogan caro agli ambienti di destra.  Infine una buona parte di fedeli cattolici e non, forse la maggioranza, si orienta sul rispetto di un codice di comportamento. Non mancano casi di onestà ammirevole, e gli esempi di commercianti che pur di pagare le tasse in modo corretto, accettano di vivere gravi privazioni.  Purtroppo, però, in questo modo, il nocciolo, il cuore della Fede Cristiana, il rapporto con l’Uomo-Dio e con la Trinità, risulta indebolito. Terminato sullo sfondo, esso finisce per sparire gradualmente, per lasciare il posto ad una ideologia. Ma non una ideologia consapevolmente accettata. E questo è l’aspetto peggiore di tutto il processo. Piuttosto si ha una ideologia credendo invece di avere una fede. Si comprendono meglio allora le parole di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Luca 18,8.

 

  • La trasformazione della fede in ideologia.

 E’ un problema più complesso ed articolato del precedente, ma ne è il naturale sviluppo. Nasce dalla tendenza a fare teologia a partire esclusivamente da una formazione accademica, saltando del tutto o quasi la preghiera. Da questo divorzio scaturisce una Teologia detta Razionale, molto distante da quella patristica, che era detta “Positiva”, cioè legata alla esperienza, esattamente come le attuali “Scienze Positive”, cioè sperimentali. Per la Teologia Razionale la fede, la sostanza della fede, consiste in un assenso della Ragione “mossa dalla Grazia”. L’amore diventa un atto della Volontà e non un sentimento. Ne consegue che il rapporto personale con Dio, così come descritto in questo Blog, viene visto come volgare devozionismo, e sostanzialmente ridicolizzato. Un epiteto diffuso è “Pietismo”, richiamo a quella corrente protestante che, nel 17° e nel 18° secolo, si sviluppò a partire da un certo disprezzo verso la teologia. L’accusa di sentimentalismo, di pietismo, di individualismo, di devozionismo, etc. fatta a chi peraltro non formula nei confronti di questi signori nessuna accusa, nasconde una naturale avversione verso l’unica cosa che conta per la salvezza: guardare con fede a Gesù Cristo.  Individuare in Lui il Messia, il Dio-Uomo morto e risorto per noi. Ma nella ideologia non cascano solo gli intellettuali.  Ci caschiamo tutti quando crediamo di avere una fede come un granello di senape (Lc 17,5-6) solo perché parliamo spesso del Signore. Ci caschiamo quando diventiamo ascoltatori di una Parola che non mettiamo in pratica, e separiamo, senza rendercene conto, il Cuore dalla Mente.

 

  • La trasformazione del significato del termine Teologico Carità.

 Il Catechismo della Chiesa Cattolica recita: “La Carità è quella Virtù Teologale secondo cui si ama Dio per sè stesso e gli uomini per amor di Dio”. Dunque prima di tutto Amore per Dio. La definizione Cattolica coincide con quella Ortodossa, ricavabile fra l’altro, dalle Centurie sulla Carità di Massimo il Confessore (Filocalia, Vol 2, Ed. Gribaudi). La Carità è così intesa da sempre. Il Catechismo di Pio X diceva le stesse esatte parole. Poi si è cominciato ad assistere ad un cambiamento. Lieve. Impercettibile. Una semplice accentuazione. Si è cominciato a sottolineare la Carità come amore per gli altri per amor di Dio.  Si sottolineava “l’amor di Dio” evidenziando che la Filantropia era invece amore per gli uomini senza quel …”per amor di Dio”. Però avveniva che a causa di quella accentuazione l’”Amore per Dio” si lasciasse per strada. In cambio si diceva: “Vedere il Cristo negli altri”, alludendo alla famosa parabola di Matteo 25,35-44. Tutto perfettamente corretto. Ma per un gioco sottile di accentuazioni, restava l’amore per il prossimo e spariva quello per Dio. Anche perché per ottemperare quest’ultimo bastava l’amore per il prossimo. Una sottile quanto impercettibile spinta a TRALASCIARE LA TRASCENDENZA IN FAVORE DELL’IMMANENZA. “Se amo il prossimo Il Signore metterà tutto sul suo conto”. Recitava e recita tutt’ora un modo di dire in voga. Quindi l’operazione finale: Dio viene messo da parte senza tanti complimenti. Carità diventa fare beneficenza o volontariato. Una organizzazione Ecclesiale importante che si occupa di Beneficenza si chiama appunto “Caritas”, molto significativamente. In questo passaggio Dio viene talmente perso di vista, che gli Ordini Contemplativi diventano “Egoisti”. Gente che pensa solo a sè stessa. Certosini, Trappisti, Clarisse, Monaci dell’Athos….tutti egoisti. Siamo passati da vocazione un tempo considerata addirittura superiore, da chiamata a concentrarsi solo e soltanto sul cuore della Carità, e cioè sull’amore per Dio, dalla celebrazione della vocazione ad essere la Maria del celebre episodio evangelico su Marta e Maria, sorelle di Lazzaro (in  Luca 10,38-42). alla diffidenza, alla critica aperta, alla emarginazione nella vita della Chiesa (nel Cattolicesimo ma non ancora nella Ortodossia). Infine, se sono vere le notizie che filtrano dalla rete, alla aperta persecuzione, al tentativo di riforma, con trasformazione da contemplativi in attivi, etc. (Francescani dell’Immacolata, Clarisse). Pare incredibile, eppure è così. Sono affermazioni che chi scrive ha raccolto di prima mano. Chi prega è “ripiegato su sé stesso”. “Non è bene cercare il Silenzio e la Preghiera trascurando il fratello”. “Dio non sa che farsene dei tuoi sentimentucci…..L’Amore è un atto della Volontà e si dimostra facendo cose.  Tutto il percorso descritto è ampiamente supportato dall’incipiente materialismo. Per esso conta ciò che si vede. La preghiera sarà anche un atto di amore per Dio, ma i suoi frutti non si vedono. Meglio chi fa cose che si vedono con chiarezza. Quello è vero altruismo, Carità. E il gioco è fatto. Ma tutto ciò non basta a spiegare il mutamento. Pensiamoci bene.  Il pesce puzza sempre dalla testa, dice un detto popolare.  Come mai tanti prelati e teologi interessati a spostare l’asse portante della Chiesa Cattolica, dalla Trascendenza all’immanenza? Perché?

Come abbiamo visto in tutte queste tendenze si pratica una sostituzione dell’Unico Necessario con altre cose o idee.

  • Il comunitarismo.

Sull’onda del successo dei filosofi personalisti della prima metà del ‘900, alcuni teologi, sia cattolici che ortodossi, hanno lanciato una nuova “moda ecclesiale”. Tutto si risolverebbe nella “Comunità”, intesa come gruppo fisico di persone. Il vocabolario definisce la Comunità come un insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni. Si cita come esempio la comunità nazionale o cittadina. La società degli uomini, il consorzio umano etc. sono altri esempi. Quindi il termine comunità è molto ampio e non necessariamente caratterizzato da una vicinanza fisica. Come nel Vocabolario nella Chiesa, il battesimo costituisce un vincolo invisibile. Esso già da solo fa dei cristiani persone legate tra loro da una Comunione. Anche se isolate in cima ad un monte. Vedi Santi eremiti come San Charbel o Santa Maria Egiziaca. La dottrina della Chiesa aggiunge che essa medesima è definita da una fede comune, e dagli stessi costumi. Tuttavia vi sono numerosi gruppi ecclesiali e teologi, sia Cattolici che Ortodossi, che tendono a riferirsi strettamente al “gruppo fisico”. Il termine “comunità” coinciderebbe con la vita comune, sia pure di una parte della settimana o della giornata. A questa modalità di “fare Comunità”, si attribuisce il solo diritto di dirsi vita Cristiana. Il resto è individualismo egoista.  A sostegno di queste tesi si invoca una Teologia Trinitaria completamente erronea. La santa Trinità viene vista come una Comunità di Tre Persone, comunità che fornirebbe il Modello Teologico ed il Fondamento a questa moda ecclesiale. L’errore è stato già da anni evidenziato da vari Teologi tra cui citiamo quello che a nostro parere è il più acuto: Jean-Claude Larchet nel suo testo (purtroppo in francese) Personne et nature Ed. Cerf. Egli, sulla scorta della Teologia dei Padri, fa notare che la Trinità è un mistero che non consente di trattare le Persone Divine come fossero persone umane. Pertanto non si può….umanizzare  la Trinità (per capirci, il termine tecnico sarebbe antropomorfizzare).  La Trinità non è fatta da tre Signori che discutono tra di loro e vivono in comune. Dunque nessun fondamento per una dottrina che può confondere chi non ha possibilità o tempo per approfondirne la falsità Teologica. Come tutti gli errori, essa si basa su una verità. In effetti la vita comunitaria è sempre stata giustamente apprezzata nella Chiesa, a cominciare dalle comunità di tipo monastico. Ma nessuno nella Chiesa, per secoli e secoli, ha mai pensato di farne un assoluto. A nessuno, per fortuna, è venuto in mente di fare della Trinità, una sorta di comunità monastica. Nessuno ha mai detto che SOLO la vita comunitaria, espressa dal gruppo fisicamente presente, sia la vera vita Cristiana.  Una falsa idea di generosità invece, sarebbe rappresentata dal venir “buttati” nel gruppo, senza una educazione a conoscere sé stessi e gli altri, e senza una preparazione a gestire le differenze.  Gli inevitabili disagi, sarebbero interpretati come “ascesi di comunità”.  Di fatto si vengono a verificare le comuni “dinamiche”” di gruppo, con alcuni che tendono ad essere preminenti, altri più passivi, altri che cercano una via di mezzo. L’uso del termine Carità per gli sviluppi di queste dinamiche, non sempre pare appropriato.  Il discernimento, per le scelte delle singole persone, viene fatto in comunità, contro una solida tradizione che lo vorrebbe affidato soltanto a persone esperte, quali Vescovi, asceti sperimentati, l’Abate, nel caso di comunità monastiche, o comunque il Padre Spirituale.   L’ interpretazione delle scritture si fa sempre ovviamente in comunità, cioè in gruppo. La fede, infine, viene considerata SOLO come qualcosa che si vive tutti insieme, e chi si isola fa dell’intimismo e dell’individualismo.  L’insistenza estremistica sul gruppo ha come fatale conseguenza la sostituzione: il rapporto personale con Dio diventa rapporto con il gruppo, solo intermediario tra l’uomo ed il Signore. E di nuovo lo sguardo del fedele SI ALLONTANA DAL SALVATORE. Sempre nominato, naturalmente, ma assente nei fatti. Esso è presente come “idea, convinzione, ma non come presenza viva con cui rapportarsi tutti i giorni.

 

  • La fede per delega.

 Un altro gioco di prestigio del Nemico, è quello secondo il quale, se un Monaco o un Prete parlano de Signore sono delle Sante persone, mentre se ne parla un laico è un fanatico. A Dio ci pensa il “Personale specializzato”, i “Professionisti di Dio”. Molti laici accettano di buon grado, di delegare la vita spirituale che il Signore chiede loro con il Vangelo, ai religiosi. Essi per questo si infastidiscono non appena qualcuno rimescola le carte. C’è perfino chi delega la propria salvezza “alle preghiere del Padre spirituale”.  Essi sono, purtroppo, incoraggiati da certi Religiosi, che in fondo chiedono loro solo una fede elementare ed una sufficiente vita sacramentale. Il laico difficilmente viene incoraggiato a pregare o ad intraprendere un minimo di elementare ascesi. Si consigliano, al massimo, “opere buone”, un po’ di volontariato e soprattutto l’essere utili in parrocchia, perché lì ….fanno comodo. Parleremo altrove del sacramentalismo, qui basterà ricordare come in tal modo il nocciolo della fede, inteso come credere in una Presenza Viva di un Dio-Persona, venga smarrito. Esso prenderà le forme di una ideologia, come sopra descritto e comunque delegato al lo specialista, al religioso, al prete o al Padre Spirituale.

 

  • L’errore nella identificazione degli ultimi tempi. 

La Chiesa si è sempre auto-compresa Chiesa degli ultimi tempi. Da sempre, da quando gli Apostoli hanno cominciato a predicare, i cristiani sono vissuti nella “atmosfera da ultimi tempi”. Lo testimonia persino il vangelo in Matteo 16,28 e paralleli: “ In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno”. La predicazione stessa è annuncio di un regno che sta per arrivare. La Tradizione dei Padri ha interpretato questa tensione verso gli ultimi tempi, collocando la Chiesa degli Apostoli, e di tutti i successori, in una dimensione di attesa finale. In pratica, per la Tradizione, gli ultimi tempi decorrono dalla ascensione di Gesù Cristo in poi. La donna dell’Apocalisse è stata interpretata come la Chiesa.  Ora, a seguito di alcune visioni private, si vorrebbe cambiare quanto creduto per due millenni. Gli ultimi tempi corrisponderebbero agli ultimi decenni, e la Donna dell’Apocalisse sarebbe Maria e non la Chiesa. Naturalmente nessuno qui vuol mettere in discussione Maria la Madre di Dio, la Tutta santa, che, purissima, ha partorito, da Vergine il Dio Incarnato.  Il culto e la devozione a Maria NON SI DISCUTONO. Si discute il fatto che, a seguito di visioni private, i Cristiani non debbano più attendere il “Figlio dell’Uomo con il Suo Regno, ma la vittoria su Satana della Madonna e l’instaurazione del Regno di Maria (e non più quello di Gesù Cristo).  Secondo queste visioni la salvezza non verrebbe più dal Messia ma dalla Madonna. Ora, in questo Blog si intende rispettare la fede nelle apparizioni Mariane. Ci sono state molte conversioni e molti miracoli.  Quello che è discutibile è il fatto che, BASANDOSI SU ESAGERAZIONI, la fede dei Credenti si distolta da quello che è il Nocciolo Essenziale del Cristianesimo, che è il Cristo.

Le autorità Cattoliche, e il Papa stesso, hanno messo in guardia i fedeli da simili eccessi, non in armonia con la Dottrina della Chiesa Cattolica. Non pochi di quei fedeli che subiscono questa fascinazione rivendicano la Teologia di Grignon De Monfort: a Gesù per Maria. In teoria la metafora è molto bella: Maria partorisce il Signore Gesù anche dentro di noi. Andrebbe benissimo. Ma quanti arrivano davvero a perfezionare, attraverso questo percorso, il loro rapporto di fede con il Figlio di Dio? Non vogliamo esprimere sentenze, ma apparentemente, molto di rado.  Tutti continuano a guardare soprattutto a Maria. E…. come si suol dire, il gioco è fatto. Cristo ancora una volta si allontana.

 

Una proposta per tutti: ritorniamo al rapporto personale con Dio

Dunque è fondamentale tornare a volgersi verso Gesù Cristo, l’Unico ed il vero Salvatore. Come?

Vediamo cosa ci suggeriscono i Padri. In particolare Massimo il Confessore in Filocalia Vol.2, Gribaudi Editore, Centurie sulla Carità. Centuria 1 pensiero n°11: “Tutte le Virtù cooperano con l’intelletto (Nous) per il conseguimento dell’eros divino, ma più di tutte la preghiera pura. Per mezzo di essa, infatti, l’intelletto (Nous), volando verso Dio, esce da tutte le realtà esistenti”.

Certo, si tratta di rivedere una intera spiritualità, e quindi non basta questa o quella ricetta. Diciamo che nel complesso di cose necessarie, come suggerisce Massimo il Confessore, un contributo lo potrebbe dare il ritorno ad una preghiera Cristocentrica. Ci sembra che una proposta sensata possa essere quella di un forte apostolato laico. Un apostolato da svolgersi porta a porta e amico con amico. L’obiettivo centrale di questa missione potrebbe essere proprio quello di vivificare la vita sacramentale con un ritorno quotidiano e sistematico alla preghiera. Da questo punto di vista di può vedere l’articolo: “Il rapporto personale con Dio”, nella sezione Fondamenti pratici, per focalizzare i dettagli. Un rapporto semplice, fatto anche di semplice preghiera spontanea, di salmi, anche di piccole cose, purché il nostro sguardo interiore torni a volgersi alla figura del Cristo, nell’ambito di un rinnovato rapporto. Si tratta di ritrovare la fede come relazione.

La Preghiera di Gesù può vivificare questo rapporto. Essa aiuta chi la pratica, ad avere la giusta presenza di un dialogo con l’Uomo-Dio. Essa educa al rapporto personale con il Signore, con il giusto equilibrio nei confronti della Chiesa, e della Comunità Ecclesiale. E poi la preghiera di Gesù ci ricorda che è Gesù Cristo il Signore, non il gruppo, non un certo modo di intendere la Comunità. Non un uomo. Essa ci riporta all’amore per Dio, e con il tempo ci aiuta a vivere sempre più il Signore come un Dio Trinitario. Nei capitoli dedicati alla Preghiera di Gesù, affronteremo il suo inquadramento generale, ed un percorso pratico per il suo sviluppo.