Home English EN French FR German DE Greek EL Italian IT Portuguese PT Romanian RO Serbian SR Spanish ES

La bibbia ci parla in molti modi, per cui nulla sta scritto in essa per caso. Uno dei modi con cui il Signore, attraverso i Profeti ed il Vangelo, ci insegna, è quello espresso dai simboli. Per esempio dai simboli delle piante. Tra queste spicca l’ulivo ed il suo prodotto, l’olio. Questo non stupisce perché fin dalla antichità, le Cronache Egiziane, raccontavano come la Palestina e tutto il territorio di Israele fosse ricco di uliveti. L’olio era considerato un bene prezioso, al punto da diventare una specie di moneta, negli scambi commerciali. Inoltre esso era una offerta obbligata di tutti gli Ebrei al Tempio.  Molte sono le caratteristiche di questa pianta e del suo frutto, che risultano citate dalla Sacra Scrittura con un senso spirituale. Ci soffermeremo qui, su quelle che illustrano simbolicamente, il fine ultimo della vita Cristiana. La pianta dell’ulivo è alta 5 o 8 metri, con una corteccia grigia e un fusto nodoso. Passeggiando in mezzo ad un uliveto è possibile però vedere qualcosa di veramente   particolare: accanto ad alberi dotati di un solo tronco, si possono notare dei ceppi che sembrano il frutto di un taglio alla base, da cui si dipartono da due a cinque alberi più piccoli. In tutti i libri di botanica si spiega come l’ulivo non muoia praticamente mai.  Dal ceppo tagliato infatti possono rispuntare nuovi tronchi, in numero, appunto, da due a cinque. Essi sono assolutamente lo stesso ulivo, ma rigenerato!

I romani quando distrussero Gerusalemme, vollero tagliare tutti gli ulivi, per punire gli ebrei in quella che questo popolo considerava una delle sue più grandi ricchezze.  Tuttavia non riuscirono ad estirparli perché dai tronchi nacquero, appunto, altri alberi. Nel Salmo 127 (secondo la numerazione della versione Ortodossa detta “della Settanta”), al versetto 3, per elogiare la vita del giusto, si trova “…i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa”.  Infatti i figli erano considerati dall’antico popolo ebraico, come una benedizione, perché continuavano la vita dei genitori. Ma ancora più chiaro è l’uso medicinale che gli ebrei facevano dell’olio, frutto dell’albero dell’ulivo. Vediamo in Luca 10,34, nella famosa parabola del buon Samaritano, che questi vedendo l’uomo ferito dai briganti…:” gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.” Dunque l’olio, come attestato anche nell’antico testamento, in Isaia 1,6, aveva una funzione curativa: accelerare la guarigione dei lembi delle ferite grazie alla sua virtù rigeneratrice. Ma il potere medicinale dell’olio non si fermava alle ferite. Esso rigenerava anche il corpo colpito da una malattia.

Lo vediamo nel nuovo testamento in Giacomo 5,14:” Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore”. Ed ancora parlando della missione dei 12 in Marco 6,12-13: ”Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”.

Questi due passi sono, fra l’altro, anche una testimonianza della radice antica e profonda del sacramento dell’unzione degli infermi.  L’ulivo, nella Bibbia, è quindi, per analogia, lo ripetiamo, simbolo di rigenerazione.  Dopo il Diluvio, infatti, la colomba liberata da Noè, torna con un ramoscello di ulivo, pianta che più delle altre era in grado, appunto, di rigenerarsi dopo la distruzione (Gen 8,11).

Dal corpo all’anima

Facciamo un passo avanti nella comprensione del simbolo, ricordando un altro importante uso dell’olio nell’antico Israele. Esso veniva usato per ungere i Re e conferiva quindi potere e sapienza, come attestato in 1 Samuele 10,1;16,1 e seguenti, ed in altri passi della sacra Scrittura. Qui il potere rigenerativo dell’ulivo comincia a trasferirsi dal corpo all’anima. L’unzione si trasforma in gesto rituale che rigenera e trasforma l’uomo comune in uomo dotato di carismi speciali, donati da Dio: il governo ed il potere. E’ questo un passo fondamentale, dovuto alla trasformazione in senso spirituale della funzione rigenerativa. Si passa, come già detto, dal corpo all’anima. L’ultimo passo, quello più vicino a noi, sta nell’uso dell’olio mescolato con le migliori spezie per le “Unzioni Sante”, come in Esodo 8,10-12.  :” Mosè prese l’olio dell’unzione e lo usò per consacrare I’Abitazione sacra e tutto quel che essa conteneva. Fece sette aspersioni d’olio per consacrare I’ altare, i suoi accessori, la vasca per le purificazioni e la sua base. Consacrò Aronne, versando olio sulla sua testa”.  La consacrazione è qualcosa di più del potere. Gli studiosi ci confermano che ciò che è sacro, in tutti i popoli antichi, veniva considerato come separato. Un uomo consacrato, come Aronne, diventava, in altre parole, qualcosa di diverso rispetto agli altri. L’unzione sacerdotale, nella Bibbia, cambia l’uomo, lo trasforma in un’altra persona. Lo rigenera.  Ecco che ci cominciamo ad avvicinarci all’uso Battesimale dell’olio. Questo passaggio dal corpo all’anima non è naturalmente avvenuto con un “prima ed un dopo”. E’ un passaggio che probabilmente ha solo rispecchiato una maggiore comprensione, in ambito sacerdotale, del valore spirituale del simbolo. In poche parole è una questione di persone, e non di periodi storici. In che senso comprensione? Cosa si vuol dire? Ci facciamo aiutare dai Padri della Chiesa. San Massimo il Confessore, nel libro “Mistagogia”, ci spiega, parlando della liturgia, che il simbolo è una finestra aperta verso l’invisibile. Per mezzo del simbolo, ciò che è visibile, materiale, ci fa comprendere qualcosa dell’invisibile, di ciò che è spirituale, di quello che riguarda il Regno di Dio. E non solo nel suo significato ma anche nella sua misteriosa azione. E questa finestra ci illustra il valore rigenerativo dell’unzione santa. Aronne viene consacrato con l’unzione insieme agli arredi del Tempio. Egli viene trasformato in un nuovo Aronne. In un Aronne dedicato, cioè consacrato a Dio e solo a Lui. Diventa un uomo di Dio.

L’ulivo come simbolo della Chiesa rigenerata dal Cristo

 San Paolo in Romani 11,16 invita a non insuperbirsi nei confronti di quegli ebrei, che per mancanza di fede, non hanno accettato il Cristo. Nel farlo usa proprio il simbolo dell’ulivo che rigenera grazie ad un innesto. L’innesto, come da regola contadina, si effettua con l’ulivo selvaggio, che ha maggiori capacità rigenerative:

“Se le primizie sono sante, lo sarà anche l’impasto; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, che sei un olivo selvatico, sei stato innestato fra loro, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo, non vantarti contro i rami! Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.
Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!”

Dunque il popolo dell’antico testamento è descritto come un ulivo. Quello del nuovo, come un innesto di ulivo selvaggio, dal particolare potere rigenerativo, sulle radici dell’Antico Testamento e della tradizione ebraica. Davvero una bella comparazione, semplice e chiara.

L’olio nel Cristianesimo

E giungiamo al Cristianesimo, dove appunto il simbolo dell’olio ci apre una finestra sul significato del Battesimo e della Cresima. Nelle liturgie di questi sacramenti l’unzione con olio è fondamentale. Nel Battesimo, ovviamente, vi sono molti elementi che concorrono.  Primo fra tutti la triplice immersione in acqua, da cui il nome stesso del Sacramento. Ma insieme a questo, tutto il corpo viene unto di olio. Tutto il corpo! Nella cresima vengono unte numerose parti del corpo: la fronte, le mani. I piedi etc.  In pratica anche in questo Sacramento il corpo riceve una vasta ed approfondita unzione. Perché? Ecco che il simbolo, con la sua storia, descritta fino ad ora, ci viene in soccorso e ci apre una finestra sul Regno dello Spirito. Battesimo e Cresima sono una profonda e radicale rigenerazione dell’essere umano.  Come l’olio è capace di rigenerare il corpo, così la grazia del sacramento, simboleggiata anche dall’olio, rigenera tutta la persona, corpo, anima e spirito. Con il Battesimo infatti si è inseriti nella Chiesa, corpo di Cristo e con essa partecipiamo alla “Theosis”, cioè alla Divinizzazione, alla adozione a figli. E’ una adozione donata da Dio agli uomini, per mezzo di l suo Figlio, Cristo Gesù.

Ma c’è di più. Vi è un bellissimo parallelismo tra la parabola del buon samaritano ed il Battesimo. Nella interpretazione spirituale della Chiesa infatti, l’uomo colpito dai briganti è l’umanità discendente da Adamo e che da lui ha ereditato l’inclinazione al male, dovuta al Peccato Ancestrale. Il Samaritano invece è il simbolo di Cristo. Il Salvatore cura le ferite del peccato dell’umanità. Con la sua morte e resurrezione libera i figli di Adamo dai vincoli del Peccato Ancestrale. Tale intervento Divino è sancito dal Battesimo, in cui oltre alla immersione, le piaghe del peccato vengono curate con l’olio, proprio come fa il buon samaritano con le ferite dell’uomo aggredito dai briganti. Questa volta, però, l’olio non cura le ferite del corpo ma quelle dell’anima. Attraverso la Chiesa, Corpo di Cristo, il Battesimo rigenera l’umanità, comunicando con il sacramento lo Spirito Santo, che comincerà a trasformare il Battezzato ed il Cresimato. Con il Battesimo infatti ha inizio quella che la Chiesa chiama la Theosis, cioè la Deificazione, la Divinizzazione dell’uomo. Questa meravigliosa trasformazione, in cui lo Spirito trasfigura il Cristiano, non avrà una fine. La Theosis infatti dura per tutta l’eternità. Si realizza il detto dei Padri; “Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenisse Dio”.

E’ questo lo scopo della vita cristiana.

Il percorso della Theosis

Dunque è importante sottolineare che, per quanto utile ed importante, in definitiva la morale non rappresenta lo scopo del Cristianesimo. La storia del Simbolo dell’olio nell’Antico e nel Nuovo testamento, ci insegna che il Signore vuole da noi maturità. In che senso? Nel senso che vedere il cristianesimo come un percorso fatto di premi e punizioni è un po’ limitato. Forse questa mentalità serve. Serve certamente a qualcuno e non la si vuole contestare. Ma la bellezza della Rivelazione Cristiana sta in qualcosa di più, sta nella Speranza dei beni futuri, della Gerusalemme celeste, sta nella nostra Deificazione. Sta nel seminare un corpo animale perché risorga un corpo spirituale (1 Cor 15,44).  Spesso parliamo di Fede o di Carità, e chiediamo al Signore questi due doni. La Speranza invece, ammettiamolo, finisce un po’ da parte. Sembra quasi meno importante. Invece scopriamo che un grande Santo come Isacco di Ninive, piangeva abbondantemente lacrime di gioia, per la visione che aveva dei beni futuri. Di questi sono una anticipazione i santi, che ci incoraggiano, mostrandoci le meraviglie di un’anima e di un corpo glorificato. San Paisios dell’Athos si smuoveva spesso sollevato da terra di circa 10 centimetri, e spostava agevolmente massi del peso di quintali. San Giovanni di Shangai non aveva bisogno di dormire e di mangiare. San Simeone lo Stilita, per confermare nella fede gli umili, dimostrava la potenza della glorificazione vivendo in cima ad una colonna alta 16 metri, esposta a tutte le intemperie. E negli ultimi tempi, stette in preghiera con le braccia al cielo e su una gamba sola, per due anni. I lettori conosceranno senza dubbio una moltitudine di altri esempi, che non possiamo citare per non allungare troppo questo articolo. L’importante è rendersi conto che questi uomini glorificati dallo Spirito Santo, rappresentano per noi una profezia del Regno che ci attende, della trasfigurazione che tutti i Cristiani che vivono nella Chiesa e frequentano assiduamente i sacramenti, avranno.  Sono un incoraggiamento a Sperare. E la Speranza ci può aiutare a sviluppare in noi quella rigenerazione iniziata col battesimo. Tutta la nostra vita consiste nella crescita in noi della Theosis, cioè nell’assecondare l’opera di rigenerazione dello Spirito Santo. Un’opera che dà i suoi frutti invisibilmente e progressivamente. Ed allora,  già in questa vita il Signore ci chiama ad essere luce per il mondo. Vediamo infatti in Matteo 5, 14-16: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.  L’olio del Battesimo e della Cresima sembrano alimentare in noi, insieme alla rigenerazione che rappresentano, la nostra luce. Proprio come una lucerna. Una lucerna che Gesù vorrebbe sul lucerniere per illuminare tutta la casa. Dunque le lampade ad olio che mettiamo in Chiesa davanti alle sacre Icone raccontano anche qualcosa di noi e del percorso che il Signore ci chiede.

Theosis e pentimento

Nella tradizione monastica un segno importante della Theosis è rappresentato dalle lacrime di pentimento. La Tradizione quindi ci insegna che uno dei segni più importanti della attività dello Spirito in noi, è il pentimento. E’ la Conversione. La Metanoia, il cambiare “pensiero”. Il rendersi conto che ciò che davamo scontato come giusto, non lo è. Da qui la centralità della confessione per far si che la fiammella alimentata dall’olio del nostro Battesimo e della nostra Cresima non si spenga. La Speranza dei beni futuri, trasforma il senso del peccato. Essa lo riporta alle sue vere radici, come illustrato dalle origini ebraiche e greca della parola: il peccato è un errore. Abbiamo sbagliato strada. Da quella parte non si raggiungono i beni che speriamo, e l’olio viene a mancare nelle nostre lampade. Corriamo il rischio di essere tra quelle vergini, che il Signore cacciò via perché non avevano provveduto a riempire di olio le loro lampade (Matteo 25,1-13). Il Vangelo le chiama stolte. Forse anche noi, più che cattivi a volte siamo soprattutto sciocchi. Perdiamo un bene eterno, per un piacere effimero.   Dobbiamo “Raddrizzare la Balestra per colpire nel segno e non sbagliare”, come diceva un santo di qualche secolo fa, ricordando come la parola ebraica peccato, venisse da un verbo che significa: tirare con l’arco e sbagliare. Ma il Signore provvede ad aiutarci. Noi sbagliamo e spesso non ce ne rendiamo conto. Ecco che allora incontriamo nella vita delle difficoltà, delle tribolazioni, che per quanto ci si sforzi, non riusciamo a risolvere. Ancora una volta il simbolo dell’Ulivo ci aiuta a comprendere. Infatti l’Ulivo è una pianta che tende a produrre molte fronde. Queste fronde, facendo ombra, riducono la quantità di frutti che l’albero può produrre. Dunque l’Ulivo è una pianta che richiede molte potature per dare frutto. Le tribolazioni, quando non sono risolvibili, rappresentano la potatura che il Signore ha cura di fare alla nostra vita, perché si porti frutto e ci si diriga senza errori, verso il futuro radioso che Egli ha previsto per noi.  Le tribolazioni, infatti, generano la pazienza, dicevano i Padri del Deserto, e la Pazienza genera l’Umiltà. E senza l’Umiltà la strada è sbagliata in partenza. Per questo i Padri ricordavano sempre, che accettare con pazienza le tribolazioni che il Signore permette per noi, vale più di digiuni e veglie.

D’altra parte il Signore stesso si è dimostrato vicino ai nostri dubbi, ed alle nostre sofferenze. Ha chiesto anche lui al Padre, nel Monte degli Ulivi, che il calice della Croce passasse. In fondo come facciamo noi. C’è però, per questa circostanza, un’ultima riflessione che vorremmo proporre. Non si tratta questa volta di un simbolo, ma di una immagine che vorremmo accostare alle sofferenze i Gesù nel “Getsemani”. Questo nome in Ebraico fa: Gat-Shmanim , che vuol dire Frantoio. Il frutto dell’ulivo, l’olio, si otteneva e si può ottiene ancor oggi, in certi ambienti contadini, macerando le olive tra due grosse pietre rotanti. Ricordiamo che nessun nome nella Bibbia è messo a caso. I padri hanno speso molto per descrivere le immagini generate dai nomi, contenuti negli episodi della Bibbia. Forse in questo caso, l’immagine del Frantoio ci vuol ricordare che non si porta frutto senza una sofferenza, come la macerazione delle olive nel Frantoio. Come, appunto, Gesù, che è arrivato alla resurrezione dopo la croce. E così anche per noi, con i nostri guai quotidiani.

Conclusioni

Il percorso che abbiamo compiuto, senz’altro incompleto, ci ha mostrato come l’interpretazione spirituale della Scrittura, sotto la guida della Chiesa, ci apra prospettive e significati nuovi. Il simbolo dell’ulivo e del suo frutto, ci ha portato a meditare il valore rigenerativo del Battesimo, descritto dai Padri come Deificazione o Theosis. Scopriamo così insieme, che la Tradizione ci invita ad alzare la testa, per rendere più matura la nostra fede ed il nostro impegno di cristiani. Per guardare con fiducia e speranza ai beni futuri.

Articoli correlati:

LA SAPIENZA DELL’ATHOS (PARTE SESTA): LA “THEOSIS”.

LA SAPIENZA DELL’ATHOS (SESTA PARTE): LA “THEOSIS”