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Quando pensiamo al peccato è utile considerare   come sono scritte queste parole in greco ed in ebraico. In entrambe queste lingue la parola peccato è in rapporto al verbo sbagliare, fare errori oppure mancare un bersaglio. Sebbene certe associazioni tra parole debbano essere comunque fatte con prudenza, in questo caso il senso dell’accostamento è in realtà profondo. Nella fede ebraica infatti la scrittura, la Torà è prima di tutto un insegnamento.  Trasgredire la legge diventa una mancata messa in pratica dell’insegnamento e quindi un errore. Certamente vi è un elemento sottostante di ribellione, e di mancanza di amore e quindi di cattiveria. Ma questo non è il solo aspetto. La durezza del cuore, l’egocentrismo, assumono anche l’aspetto dello sbaglio. Per cui il peccatore è nella bibbia anche lo stolto, colui che manca della sapienza.

Talvolta sentirsi peccatori assume i connotati di sentirsi anche un po’ super, come “bravo nel male”. Per esempio quando un uomo vanta le sue conquiste sentimentali e sessuali.     In questi atteggiamenti vi è la ribellione dovuta alla durezza del cuore, ma anche una buona dose di stupidità. Si manca il bersaglio e si finisce per diventare tristi, insoddisfatti. Ma poiché non sappiamo da dove proviene l’insoddisfazione, finiamo per cercare una grande quantità di cose che non risultano efficaci, ci stancano, ci intristiscono ancora di più.

Saper combattere il peccato, viene della capacità di riconoscere una tentazione e saperla gestire respingendola.

Ma vediamo più da vicino: cosa è la tentazione?

 

Le diverse tappe della tentazione

La tentazione è un iniziale incitamento al male che attacca tutti. Nessuno vi sfugge. Essa non ha a che fare con la colpa, perché è da considerarsi esterna ed indipendente dalla nostra volontà.  La tentazione entra talvolta nella sfera della coscienza umana come un impulso spontaneo. Spesso si confonde col peccato di pensiero e lo si confessa, ma è una confessione sbagliata.

Dopo la provocazione accade qualcos’altro.  Si entra nella fase del “disturbo”. Vi è un turbamento, si coglie ciò che è apparentemente piacevole nella tentazione, e vi è un primo pensiero di valutazione di ciò che viene proposto. Il turbamento evoca un sentimento dentro di noi che può essere di simpatia o di odio. È una fase molto importante perché il turbamento spinge verso l’adesione all’errore, mentre in realtà questa ancora non c’è, ancora possiamo dire di no.

Anche questa circostanza si può confondere col peccato di pensiero, e si può confessare impropriamente. Infatti spesso, in questa fase, si ha il dubbio di aver aderito (il passo successivo) alla tentazione, ma non sempre è così. Non bisogna confondere il turbamento che ci provoca un pensiero, con la piena adesione. Poi viene la fase della comunione. È il momento in cui “giochiamo” con il pensiero negativo, con il logismos (sua traduzione greca).  In qualche modo possiamo dire che “conversiamo” con il logismos perché in un certo senso non sappiamo se andremo o no a realizzare ciò che il pensiero ci suggerisce. In questa fase il pensiero si “pianta” nella mente. Qui si comincia a parlare di responsabilità e scelta ed è il momento in cui la passione si risveglia, e se il pensiero non è immediatamente rigettato, vuol dire che ha trovato qualcosa di compatibile con la sua presenza, nella mente della persona. Il pensiero da “piccolo” può “ingrandirsi”, crescere, e scalzare ogni altro pensiero dalla mente. Se questo succede stiamo cominciando a provare un certo piacere.   Spesso esso assume l’aspetto di immagine a cui noi aderiamo. È precisamente questo il momento in cui è necessario distogliere l’attenzione dal pensiero, con lo sforzo della nostra volontà e, ancor di più, con la preghiera. È il momento in cui è necessario dire “aiuto salvami”!  Come Pietro che camminando sulle acque, comincia a sprofondare. Infatti la preghiera e soprattutto l’invocazione del nome santo, a questo punto, staccano l’immagine od il pensiero dai nostri sentimenti ed essi diventano neutri emotivamente, si potrebbe dire  ”disinnescati”, ed è più facile allontanarli. Massimo il Confessore colloca infatti l’efficacia della preghiera proprio in questa fase, perché ciò che poi spinge all’errore è proprio l’adesione emotiva, la risonanza che il pensiero ha in noi. La preghiera staccando l’immagine dal sentimento, rende il logismos privo di forza, esso non è più efficace. Diventa  un film senza senso e si rimuove facilmente. Se invece non riusciamo a rigettare l’immagine del peccato in questa fase, ecco che si passa ad un’altra condizione, quella dell’assenso.  La persona tentata comincia ad essere disponibile ad agire. Il piacere provato di fronte all’immagine od al pensiero diviene più intenso e la fantasia non basta più, si progetta di passare all’azione.  Con l’assenso dato dal cuore dell’uomo inizia il vero e proprio errore o peccato. Si aderisce a qualcosa di non naturale, ed in questo preciso momento la vita spirituale si spegne. Il risultato della lotta è spesso il frutto di come abbiamo reagito in passato. Se vi è un’abitudine consolidata a dire di sì, in realtà non si vuole lottare con il pensiero. Si passa allora alla quinta fase del peccato, che è la prepossessione. Non si è ancora completamente catturati ma si sta per esserlo. La prepossessione è il frutto di frequenti precedenti assensi e della abitudine. Si mantiene ancora una libera volontà rispetto alla scelta del peccato, ma in realtà la forza non è adeguata e si tende a ricadere. Il peccato comincia a far parte del nostro carattere e quindi di noi.

 

 La cattura-caduta

La sesta ed ultima fase è quella della cattura-caduta o della passione. A questo punto cerchiamo di soddisfare senza alcuna lotta ormai il nostro desiderio. La passione adesso regolamenta la volontà, detta praticamente legge e diviene parte del nostro carattere. Si comincia a poter parlare di malattia dell’anima e la tristezza ed il dolore dominano nel cuore.

 

La confessione

Spesso in questa fase si considera il peccato assoluta normalità. Il cuore si anestetizza. Perde sensibilità e questo si traduce in una sensazione di normalità. Va tutto bene. Non c’è nessun peccato e pertanto NON C’E’ NESSUN PECCATO DA CONFESSARE. Questo avviene sistematicamente e in tutti. L’inizio della storia, cioè la tentazione, affonda negli anni e viene dimenticato. Resta la normalità. Per fare uno degli innumerevoli esempi possibili, ricordiamo come molte persone covino risentimenti e odio per vecchie offese, a volte gravi. Si crede di sistemare tutto, in certi casi invocando “La giustizia di Dio” (cioè in pratica maledicendo).  Per superare certe offese gravi è necessario del tempo. D’accordo. Ma si deve iniziare un lavoro, magari di anni, ma un cammino. Si deve cominciare a provare, per quanto difficile possa essere. Chiedere almeno la grazia di riuscirci.  Talvolta questo proprio non si cerca. Si odia e basta. E si fa la comunione col corpo ed il sangue del Signore in queste condizioni. E poi fatture non richieste per risparmiare, copie pirata di film, posti di lavoro ottenuti con raccomandazioni. Tutto regolare. Tutto normale. Si, certo, lo fanno tutti… Il catalogo è infinito e richiederebbe un grosso libro a parte. Poi si va alla confessione, e che diciamo? Che abbiamo bisticciato con la moglie…Niente   di strano, siamo fatti così. L’umiltà. L’umiltà correrebbe in nostro soccorso. Vediamo come.

 

Conversione, cioè “Metanoia”

Metanoia vuol dire “Oltre il pensiero” ( con una traduzione un po’ arrangiata, ma efficace). Essa consiste appunto Nel rendersi conto di….

Per convertirsi ci vuole l’umiltà di accettare che ciò che ci sembrava giusto, era invece sbagliato. Un “errore”, appunto, quindi un peccato.  Si tratta di ammettere. Ciò che sembra normale NON lo è. E’ invece PECCATO.

Prima di confessarci dovremmo chiedere questa grazia, per poterci davvero confessare e non giocare con noi stessi.

 

Come reagire?

Ecco alcuni consigli:

  • Prepararsi al combattimento imparando a conoscersi. Si tratta di capire quanto certe abitudini possano favorire l’errore, ed imparare ad odiare correttamente il peccato. L’odio del peccato non è un male, è piuttosto il giusto orientamento della nostra ira. Essa non deve essere rivolta contro chi ci avversa, ma dovrebbe essere sempre rivolta verso il male, e verso le scelte sbagliate.
  • Usare la forza di volontà per pregare, separare l’immagine dal sentimento, e così allontanare il logismos. Decidersi con il massimo della energia.
  • Pregare, soprattutto pregare invocando il nome di Gesù.
  • Se vi è un’abitudine, organizzarsi per romperla: per esempio donare soldi ai poveri se il nostro problema è l’avarizia. Si tratta di lottare contro le nostre passioni, il che presuppone una approfondita conoscenza di noi stessi.
  • Usare l’attenzione, essere sempre in guardia e rendersi subito conto che si sta subendo un attacco. S. Basilio diceva: fai attenzione a te stesso. L’attenzione è poco considerata in occidente, mentre nella tradizione dei Padri essa assume un ruolo di primo piano nella custodia del cuore dal male, pratica detta
  • Prima di confessarci discutere, parlare con amici e fratelli esplorando insieme i dieci comandamenti. Dal confronto con gli altri arrivano spesso quelle idee che se accettate con umiltà, possono portarci alla consapevolezza di una nuova conversione. E prepararci così ad una vera confessione.

 

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